Fonte: blog di Paolo Ferruccio Cuniberti, 31.1.2013
La storia del declino del castello comincia nel 1870, l’anno in cui i Savoia vendono i possedimenti govonesi alla Banca Tedeschi di Genova. La banca a sua volta nel 1895 vende alla famiglia Ovazza-Segre, che completa il frazionamento della proprietà terriera creando le premesse per la nascita delle piccole aziende agricole familiari che tuttora contraddistinguono l’economia locale. Non si può escludere che nel frattempo vi sia stata una prima spoliazione di oggetti d’arredo di particolare interesse e pregio.
Nel 1897 il castello e il parco vengono acquistati dal Municipio, dopo un’accorta analisi costi/benefici del consigliere provinciale Sebastiano Lissone, e si dà così inizio al doloroso seguito. Nel 1898 l’intero patrimonio di mobili, statue, e addirittura infissi, va all’asta ed è definitivamente disperso. Ancora oggi qualcuno asserisce a Govone che il castello deve restare alla proprietà municipale perché fu acquistato con i sacrifici dei bisnonni, ma non è del tutto vero. La somma di 100.000 lire che venne sborsata fu almeno in parte recuperata spogliando l’edificio di tutto quanto era asportabile. Inoltre l’investimento fu utilizzato per dare impropria ospitalità alle scuole, all’asilo infantile, agli uffici comunali, ad alloggi per i dipendenti, eccetera, risparmiando sui costi di costruzione altrimenti necessari. È deplorevole, ma non sorprende per l’epoca; ed è purtroppo storia comune a tanti altri beni monumentali.
Ma nel 1921 Sebastiano Lissone, l’artefice principale dell’idea dell’acquisto, pubblica un opuscolo sulla storia di Govone dove, lodando la magnificenza del sito, scrive già con evidente preoccupazione:
“affinché queste bellezze durino (…) è necessario che tutti i cittadini ne siano gelosi tutori, difendano il Castello e le sue adiacenze dai vandalismi e che le Amministrazioni, che si succedono al governo del Comune, siano sollecite nell’eseguire anno per anno le necessarie opere di manutenzione (…). Un decreto del Ministero della Pubblica Istruzione intimato al Sindaco addì 26 agosto 1909 dichiara il Castello di Govone monumento pregevole di arte e di storia, ma più che i decreti del Governo deve influire per la conservazione dello storico edificio e del parco annesso il senno dei cittadini.”
Purtroppo, scorrere tutti gli interventi e le lamentazioni che si sono succeduti nei decenni, e con sempre maggior frequenza a partire dall’ultimo dopoguerra, fa tristemente sorridere.
Nel 1951 Mons. Vittorio Cauda, parroco di Govone dal 1925 al 1960, dopo un piccolo incidente occorsogli nella discesa dello scalone principale, fu promotore di una sottoscrizione finalizzata al restauro dello stesso, lavori ultimati nell’inverno del 1953. Un articolo in sua memoria apparso sul bollettino parrocchiale del 1988 ricorda:
“Desideroso che i visitatori e villeggianti che facevano tappa a Govone vi potessero ammirare non solo le bellezze panoramiche, ma anche quelle artistiche, non cessò mai di invitare l’amministrazione comunale ad interessarsi ai restauri dello storico castello e fece lui il primo passo verso la ristrutturazione in attesa di più ampi interventi.”
Circa un decennio dopo, nel 1962, Giuseppe Luigi Marini pubblica un articolo sul Castello di Govone sulla rivista Epoche – cahiers di storia e costume del Piemonte:
“Un recente restauro ha sanato le piaghe più evidenti, ma (…) che rimane dell’antico sfarzo oltre le strutture murarie, lo scalone di rappresentanza che due cariatidi, con diversa evidenza di sforzo, reggono? L’ala del piano nobile, (…) raccoglie gli uffici del Comune, ove è superstite quanto non fu possibile asportare: pavimenti con scomparti a stella, le pitture dei soffitti, alcune porte e le lise tendine di una finestra (…) Nell’altra ala del castello, segregati in rispettoso abbandono, quattro locali conservano le originali pitture cinesi su carta da parato: per il loro acquisto cumulativo, sebbene in deplorevole stato d’abbandono, furono recentemente offerti quattro milioni, lodevolmente respinti dal Comune (…) Penzolano i lembi delle tappezzerie strappate, favorendo il vandalismo dei pochi visitatori. Uno di essi, affascinato dalla finissima pittura ad acquarello con contorni e risalti in tempera, trasferì un rettangolo della carta da parato, certo con appropriata cornice, nel proprio salotto: rimane così, nella sala lunga con angoli arrotondati, uno scomparto d’intonaco nella composizione. Se si può recriminare su ciò che è perduto, è doveroso denunciare quanto vediamo morire, essendo in grado di descrivere l’oggetto e di giustificarne il rimpianto. Quel fauno infranto, abbandonato nel sotterraneo, insidiato dalla vegetazione e dalle ragnatele, è il simbolo tristissimo di un’ingloriosa decadenza.”
Già, che fine avrà fatto quel fauno infranto?
Nel 1983 è la volta del sindaco Caterina Rossanino su La Stampa di venerdì 26 agosto:
“Fiore all’occhiello dell’attuale amministrazione, presieduto dall’insegnante Caterina Rossanino, è il restauro (in corso) del castello (…) Secondo le previsioni – dice il sindaco – il restauro di tutta la parte esterna dovrebbe terminare entro l’85 (sic!). Il progetto generale comprende anche interventi all’interno per un maggior utilizzo. Si potrebbe farne la sede di una enoteca dei vini del Roero, se gli altri Comuni saranno d’accordo. La spesa totale per il restauro è prevista in due miliardi.”
Nel 1990 si inaugura invece la sala convegni ricavata restaurando l’antica citroniera, la cosiddetta “Serra”, già utilizzata in passato come piccolo teatro, opera secondaria e forse superflua, sicuramente già da risistemare, tuttavia presentata come importante evento sul bollettino parrocchiale da Luciano Ruella:
“Il sindaco dott. Giuseppe Cotto, introducendo l’incontro ha voluto ricordare come questa ambiziosa iniziativa sia nata circa tre anni fa nel quadro del più ampio progetto di recupero e rivalutazione del castello e del centro storico di Govone.”
E cosa è successo ai restauri del castello previsti a conclusione per il 1985?
Si arriva così al 1997, l’importante anno del centenario dell’acquisto del maniero da parte del Comune e dell’inserimento nel circuito delle residenze sabaude, patrimonio Unesco. Interviene il sindaco Giuseppe Gonella con una “lettera aperta” ai govonesi sul bollettino parrocchiale, recriminando qualcosa:
“È pur vero che, nel passato, si sarebbero potute dedicare maggiori attenzioni ad un bene che i visitatori ci invidiano, stupiti dalla bellezza e dalla grandiosità della struttura. Tuttavia tocca adesso a noi, che ci troviamo sulla scena in questo squarcio di secolo, la fatica e il piacere di valorizzarlo, di proteggerlo e di conservarlo per le prossime generazioni, sia per il suo ricco patrimonio storico-artistico, sia per il servizio che ha offerto ed offre alla comunità govonese.”
L’articolista Luciano Ruella ricostruisce la vicenda affermando:
“Ma soprattutto il passaggio al Comune salvaguardò il futuro del castello e permise alla popolazione di accedere alle sue preziose sale ed agli ampi giardini circostanti. A distanza di un secolo l’Amministrazione Comunale, che sta portando avanti un ampio progetto di recupero e di rivalutazione del castello, vuole ricordare il passo compiuto dai nostri avi…”
Il parroco Don Massimo Novo ammonisce:
“Ma quanto sarebbe desiderabile che quelle giornate facessero crescere decisamente nei govonesi il ‘senso di comunità’ : la volontà di essere più uniti, più aperti alla collaborazione, più attenti ai beni del paese.”
Dello stesso anno è la pubblicazione del volume Il Castello di Govone – L’architettura, edito da Celid. La Prefazione del sindaco Gonella è entusiastica:
“L’impegno che ci siamo assunti (…) conferma che il Castello patrimonio storico-artistico di inestimabile valore, appartiene a questa comunità. E rappresenta, nel contempo, una risorsa che supera i confini locali e colloca il paese di Govone in un circuito connotato da riferimenti storico-culturali di grande rilievo.”
E il consigliere con delega alla cultura Ornella Ponchione:
“… le iniziative si sono susseguite a ritmo incalzante (…) La prospettiva adesso è aperta: il Castello può finalmente riappropriarsi della sua identità, poiché la strada della riscoperta è tracciata.”
Arriviamo al 2000 con la seconda pubblicazione Celid dedicata agli appartamenti. Scrive in Prefazione il sindaco Ornella Ponchione:
“Il Castello di Govone sta ritrovando il suo posto nella storia. Nella prospettiva, ormai imminente, di divenire ‘museo di se stesso’ (…) offre le sontuose sale del piano nobile a un numero crescente di visitatori (…). Il dialogo, tacito e rispettoso, che il paese da sempre intesse con il prezioso nucleo delle sue origini, viene scandito, nel tempo, dai rimandi della memoria alla storica sacralità dei luoghi…”
E infine, la curatrice del volume Laura Moro della Soprintendenza:
“A Govone la sfida per amministratori, progettisti, operatori della tutela è ancora problematica e impegnativa. Nasce dalla stessa dimensione, comunque rilevante per un piccolo Comune. Tuttavia il capitolo di studi che oggi si conclude e la parallela definizione di un compiuto percorso di visita, che assicura a un’importante fetta degli spazi un utilizzo culturale adeguato, è un nuovo motivo di speranza.”
Certo, la speranza è sempre l’ultima a morire. Nel frattempo, tra vandalismi, furti, distacchi di intonaci, crepe nei muri, cedimenti di balaustre, stravaganti installazioni e indecorose kermesse – alla faccia dell’utilizzo culturale adeguato -, sono trascorsi altri tredici anni.
(Ringrazio Daniela Gerbo che ha conservato e reso disponibili molti dei documenti qui citati)