Marinella Boita – Il Risveglio Popolare, Ivrea, 6.12.2012
BIELLA – Il circolo dei sardi Su Nuraghe ha ospitato il 24 novembre il convegno internazionale “Le lingue dei popoli”, articolato in vari interventi e della durata di un giorno intero, visitato anche dal sindaco della città, Gentile, e dal senatore Simonetti, reso possibile anche dal patrocinio della Regione autonoma della Sardegna.
Si è intavolato un colloquio internazionale sulle lingue ancestrali, al quale hanno portato il loro puntuale e approfondito apporto persino tre rappresentanti di lingue amerindie di popoli che vivono in Canada. Un notevole impegno per chi ha organizzato, poiché erano presenti due traduttori che in simultanea rendevano edotti i presenti delle relazioni degli studiosi Karihwakeron Tim Thompson della nazione Moicana, di Manon Tremblay della nazione Algonchina e di Jacky Vallée degli Eeyou Cri.
Il convegno è stato presieduto da Battista Saiu e coordinato dal punto di vista scientifico dal professor Sergio Maria Gilardino, luminare presente da anni in convegni sulla lingua piemontese. Un convegno con tali temi forse non sarebbe mai avvenuto, se non ci fosse stato l’impegno morale e di studioso attento di tutta una vita per la salvaguardia delle “lenghe crasà” (come definiva quelle parlate che non erano ben viste dal potere centrale, e da questo con sprezzo definite dialetti e persino proibite), del grande Gustavo Buratti, che ha combattuto fino alla sua morte questa battaglia con amore, con tenacia, con scritti e opere. Alla moglie commossa è stata consegnata una targa che ha voluto dimostrare la riconoscenza per “Tavo“.
Il professor Gilardino, nella sua esposizione come sempre dotta, scorrevole, accattivante, ha spiegato che la lingua ancestrale è un elemento presente in tutti i popoli del mondo: cioè anche un popolo definito primitivo ha una sua lingua che, comunque, è adeguata a descrivere tutto quello che c’è in quel luogo, e a comunicare tutto quello che serve per vivere nella comunità. Tutte le lingue sono dotate di un sostrato ancestrale, che poi si è arricchito con termini in prestito da altre o con la formazione di neologismi: una lingua, usando le radici delle parole, può ampliarsi all’infinito. Dunque tutte le lingue ancestrali sono ugualmente valide, “esse rappresentano un diritto naturale dei popoli e mai si dovrebbe spezzare una qualsiasi lingua, perché sarebbe una discriminazione che andrebbe perseguita e punita” ha detto senza mezzi termini lo studioso. “Mantenere le lingue ancestrali significa appropriarsi della parte più preziosa dell’umanità: esse non sono isolamento, ma condivisione di culture, pensiamo anche al basamento storico che esse hanno, ad esempio il veneziano per la Serenissima Repubblica di Venezia, il piemontese per lo Stato Sabaudo…“, ha proseguito Gilardino, sfatando poi l’idea errata di chi pensa che parlare la lingua ancestrale a un bambino renda difficoltoso imparare la lingua nazionale o le altre lingue: al contrario, la lingua ancestrale è una palestra linguistica, costruisce i primi concetti, e l’idioma è sempre una congiunzione perfetta tra la lingua e la cultura di un popolo.
Infine un’amara considerazione: l’80% dell’umanità ha perduto la lingua ancestrale, si assiste ad una grande povertà linguistica, oggi i giovani conoscono circa 4000 parole, meno ancora di qualche anno fa che arrivavano a 6000; le lingue dei popoli, invece, sono il più valido incentivo al dialogo.
Ma non tutto sembra essere destinato a una ingloriosa fine. Infatti nella sua relazione Eugenio Goria ha illustrato la rinascita dei dialetti nei nuovi media, riportando addirittura delle “chat” in cui sono scritte battute in dialetto per caricare espressivamente il concetto, o per aspetto ludico; comunque egli ha rilevato numerosi siti on line dialettali che ha classificato in ironici, nostalgici, conservativi, comunicativi, scientifici.
E la lingua sarda? Il caso della lingua sarda nel tempo presente è stato sviscerato da tre studiosi, Francesco Casula, Cristiano Becciu, Giuseppe Corongiu, che hanno dimostrato che la lingua ancestrale è conosciuta dal 60,8% della popolazione, mentre l’81% è contento che esista la lingua sarda a scuola. Essi hanno sottolineato che si conoscono poco le origini sarde di Gramsci e si ricorda poco Grazia Deledda, premio Nobel per la letteratura. Sono stati editi due volumi di letteratura sarda, e composti 100 romanzi in questi ultimi 30 anni: la lingua sarda, pertanto, meriterebbe una posizione più da protagonista.
Molto simili le problematiche e la situazione delle lingue ancestrali amerindie, i capi delle nazioni hanno localizzato ai presenti le zone dei vari idiomi e descritto come nei tempi ci sia un’alternanza di momenti di accettazione e riconoscimento della lingua ancestrale e altri in cui è messa da parte; tutti hanno dato indicazioni su come si possa mantenere la lingua con l’uso anche informale della stessa, la produzione di dizionari, di atlanti linguistici, libri di testo, l’archiviazione di documenti della lingua, la diffusione nei siti on line, web radio e televisioni… tutto nello stesso spirito di conservazione della cultura di quei popoli.
Una parte degli interventi è stata dedicata anche alle lingue storiche in Italia e alla revitalizzazione delle lingue materne, con gli esperti Silvana Berra, Davide Filié, Remi Venture. Il circolo Su Nuraghe ha poi, il giorno seguente, partecipato a una celebrazione religiosa in “limba“, con il grano portato dalle donne, presso la ricostruzione di un reale nuraghe situato a Biella (Nuraghe Chervu), e eseguita la piantumazione delle piante di ginepro per i nuovi nati nella comunità sarda biellese.
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