È stato segnalato il grave stato di degrado in cui versa il castello reale di Govone, patrimonio mondiale dell’Umanità riconosciuto dall’UNESCO. Di regola i Beni culturali piemontesi (che formano la memoria storica del Piemonte) sono di proprietà dello Stato italiano, che pretende di “gestirli” in maniera esclusiva. Ovviamente lo fa “all’italiana” e, con il pretesto che “mancano i soldi”, gran parte dei nostri monumenti è lasciata all’incuria e ai vandali, malgrado ogni anno lo Stato italiano rubi al Piemonte almeno una quindicina di miliardi di Euro (e, in cambio, la nostra Regione non ha alcuna voce in capitolo).
Inoltre ci sono sempre figli e figliastri: la legge che ha istituito “Roma Capitale” per esempio prevede il trasferimento delle competenze in materia di tutela dei Beni culturali al neo-istituito Ente, con tanto di cospicui finanziamenti.
Non da molto il Governo italiano – dopo un’abile propaganda sui media – ha presentato con gran pompa i restauri di Pompei; intanto la guariniana Cappella della Santa Sindone, uno dei capolavori mondiali del Barocco e vero simbolo di Torino, permane in rovina, forse in attesa del crollo finale. Se invece che di Torino o di Govone si parlasse di Roma, Napoli o Bari, questi monumenti avrebbero subito la stessa sorte? Perché il Petruzzelli o La Fenice sono stati rifatti a tempo di record “com’erano e dov’erano” mentre il Regio ha dovuto aspettare quasi quarant’anni la ricostruzione di un edificio meno capiente e alieno alla storia e all’architettura torinese, che sembra quasi fatto apposta per evitare un’eventuale ricostruzione dell’adiacente Accademia Militare?
Il Piemonte è costellato di castelli in rovina, chiese pericolanti, siti archeologici violati e abbandonati, archivi non catalogati dei quali si è fatto padrone uno Stato assente e ostile; spesso sono affidati a enti pubblici o privati le cui finanze non ne consentono la manutenzione. Proprio come accade a Govone, il cui Castello è proprietà del Comune che, ovviamente, stante la situazione disperata (i Municipi piemontesi dipendono ancora dal Ministero dell’Interno italiano), non ha la possibilità di gestire un sito di tale importanza.
(http://paolocuniberti.wordpress.com/2012/11/08/418/)
I risultati sono, ovunque in Piemonte, incuria, oblio, stravolgimento della storia, nascondimento delle nostre memorie. Ogni giorno spariscono pezzi importanti della nostra identità.
L’Italia sta aspettando che il Piemonte perda del tutto la propria personalità per poi fargli l’eutanasia e sovrapporgli un’identità alternativa; una politica, questa, che è da anni attivamente perseguita da Enti pubblici che sperperano ingentissime risorse per tutte quelle forme “artistiche” che non hanno alcun legame col territorio, ma che svolgono la funzione di sostituire la cultura originale.
Il vero problema è che noi Piemontesi in Italia non siamo al nostro posto. Stanno cercando di cambiarci la testa, di modificarci i gusti, di sostituirci la lingua, di imporci un modello mediterraneo-levantino che non ci appartiene, disprezzando, sminuendo e nascondendo nel contempo la nostra vera identità.
Così come per “loro” la lingua piemontese “deprime il sentimento di unità”, allo stesso modo i nostri beni culturali, che sono la rappresentazione plastica della nostra identità non italiana, devono essere abbandonati, eliminati o alterati.
L’alternativa è una sola: acquisire sempre maggiore consapevolezza della nostra specificità di popolo e della nostra vera nazionalità e operare fattivamente per il raggiungimento della piena indipendenza politica, che sola può garantire il mantenimento della nostra identità e, quindi, assicurare il nostro futuro.