Dichiarazioni importanti vengono dal Kosovo, che sembrano scongiurare una nuova crisi. Qualche settimana fa, a proposito della visita di George W. Bush in Albania e Bulgaria, sembrava che un’accelerazione all’indipendenza del Kosovo in cambio dell’entrata della Serbia nella Comunità Europea fosse ormai prossima. Da Washington (fonte Reuters), hanno precisato che il Kosovo non ha in programma di dichiarare l’indipendenza dalla Serbia in maniera unilaterale e questo è stato confermato da funzionari USA e kosovari. Quest’ultimi hanno assicurato a Washington: «che rimarranno stretti partner sia degli USA, che dell’Unione europea nel portare a compimento il processo d’indipendenza».Contestualmente, come da fonti dell’Agenzia AGI, da contraltare a queste dichiarazioni ed in vista di nuovi negoziati sul Kosovo, il Parlamento di Belgrado ha approvato a schiacciante maggioranza una mozione in cui si ribadisce la posizione della Serbia, che è contraria a qualsiasi tentativo di scardinare la sua unità territoriale. In caso di secessione unilaterale kosovara, si sollecita una “risposta energica” ed immaginiamo quale ulteriore escalation militare si vuole minacciare. In sostanza la Serbia è disposta ad intavolare trattative volte a trovare un compromesso, ma senza accettare decisioni precostituite. Solo a queste condizioni il Consiglio di Sicurezza dell’Onu (secondo Belgrado), potrà adottare una risoluzione sullo status definitivo del Kosovo. Giova peraltro ricordare che l’ipotesi dell’istituzione di zone a statuto speciale per le aree dove è ancora presenta una minoranza serba (8% circa della popolazione contro l’88% albanese) è stata rifiutata dalla parte albanese. In effetti è difficile comprendere come trovare un compromesso sull’indipendenza, quando il Parlamento serbo ritiene contraria non solo alla sua Costituzione, ma anche alla Carta delle Nazioni Unite ed al diritto internazionale, la potenziale secessione kosovara.Formalmente il Kosovo resta una provincia autonoma della Repubblica di Serbia e Montenegro; la risoluzione 1244 dell’Onu che ne delinea lo status si riferisce anche agli accordi di Rambouillet del 1999, i quali per definire l’assetto dell’area, si richiamano al principio di autodeterminazione. Intanto, in Kosovo, luogo sacro per i serbi, la Chiesa ortodossa è sotto assedio. Se è vero che durante il tragico periodo di Slobodan Milosevic si calcola che che furono rase al suolo 212 moschee musulmane dell’area, (quasi la metà dei quelle esistenti), da tempo si assiste ad una sistematica distruzione delle chiese ortodosse da parte di gruppi islamici.In passato questi pericoli erano quasi inesistenti, l’Islam tra le popolazioni albanesi è sempre stato in genere poco radicato ed è da sempre accompagnato da uno scarso controllo sociale, mentre attualmente l’estremismo islamista avanza in tutta l’area. In tutto il Kosovo sorgono sorgono nuove moschee e scuole coraniche che danno un conseguente peso al potere dei kosovari albanesi di religione musulmana. Sandro Magister, Vaticanista dell’Espresso ha intervistato padre Sava Janjic, vicepriore del monastero di Decani ed egli ha confermato, oltre ad un’autentica campagna di delegittimazione contro la Chiesa serba, anche i rischi della distruzione degli edifici sacri o la trasformazione di questi in musei.