La Regione volta definitivamente le spalle al piemontese a scuola. Che fare?

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Il programma ARBUT per il piemontese a scuola è probabilmente l’azione più incisiva che Gioventura Piemontèisa ha realizzato nei suoi diciotto anni di attività. Partendo dall’esperienza delle maestre preparate da Camillo Brero, nell’ambito di ARBUT si è strutturato e coordinato l’insegnamento della lingua e della cultura piemontese nelle scuole. All’intervento nelle classi si è affiancato un vasto programma di formazione che ha coinvolto tutte le province del Piemonte e lo studio e la realizzazione di una innovativa collana di mezzi didattici.

Grazie ad ARBUT, a partire dal 1999, migliaia di studenti di tutte le età e di ogni provenienza hanno avuto la possibilità di entrare in contatto con la nostra cultura, possibilità che era loro preclusa dal razzismo e dall’ostracismo della scuola italiana e dall’informazione asservita. L’evoluzione di ARBUT avrebbe dovuto portare (come era nelle intenzioni, con un adeguato sostegno delle istituzioni e con la sinergia di tutte le forze in campo) all’insegnamento diffuso nelle scuole del Piemonte delle nostre lingue storiche.

In quanto sostenuto – sebbene non continuativamente – dalla Regione Piemonte, ARBUT è stato poi anche imitato e la sua impostazione è servita ad altri progetti che hanno comunque contribuito ad aumentare la sensibilità verso l’identità piemontese.

Cercare di consapevolizzare la classe politica ha significato allora, per Gioventura Piemontèisa, impegnarsi in una battaglia solitaria che l’ha logorata a lungo e le ha fatto perdere tempo prezioso per difendersi da una campagna di calunnie e minacce, che ha più volte tentato di dividerla e di alleggerire il peso della sua azione. Il tempo ha invece dimostrato che avevamo ragione noi, anche se abbiamo faticato a toglierci di dosso i pregiudizi diffusi ad arte per farci scomparire e per permettere ad altri di cogliere i frutti del nostro lavoro.

Purtroppo la classe politica piemontese non ha saputo neanche difendere i risultati ottenuti dal nostro impegno. Salvo alcuni esponenti che si sono adoperati sinceramente (eccezioni, soltanto eccezioni che confermano la regola) i nostri “rappresentanti” si sono lasciati portare via da sotto il naso lo sviluppo dell’insegnamento delle lingue storiche a scuola e addirittura si sono lasciati “abrogare” la legge regionale a tutela del piemontese.

Logica conseguenza, oppure epilogo di una strategia ben precisa: oggi la Regione smobilita. Il sostegno all’insegnamento della lingua, della storia e della cultura piemontese nelle scuole non c’è più. La “notizia” non ci coglie di sorpresa, Gioventura Piemontèisa già nel febbraio 2001 scrisse che saremmo arrivati a questo punto.
Che fare ora? O chiudiamo la baracca, oppure resistiamo, proseguendo con l’insegnamento del piemontese nelle scuole confidando in quei tanti insegnanti che già si sono resi disponibili a svolgere la loro opera volontariamente. Ma non possiamo approfittarne a lungo: benzina, libri da fornire ai ragazzi, materiali, tempo, formazione, organizzazione... tutto ha un costo.

Se i Piemontesi si dimostreranno interessati saranno loro stessi a sostenere il progetto, senza mediazioni. I sondaggi dicono che il 75% delle famiglie è favorevole all’insegnamento del piemontese a scuola: è giunto il momento di dimostrarlo concretamente.

Non dobbiamo permettere a nessuno di farci tacere. Per questo torniamo a chiedere a tutti di sostenere adesso Gioventura Piemontèisa.

Fate finta che questa sia una (piccola) tassa in più, stavolta, però, per il futuro della nostra identità e dei nostri valori. È l’unico modo per non interrompere, forse per sempre, l’insegnamento della nostra cultura nelle scuole.
Ci proviamo con questa formula, banale ma concreta, a non dissipare tanto lavoro, tanta passione e tanti sacrifici. Se non ci riusciremo avremo almeno la coscienza tranquilla, consapevoli di aver tentato ogni strada.

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