Il Diritto, nella sua forma più profonda, parte proprio dalla libertà della persona di poter esprimersi attraverso la propria specificità linguistica. Lo Stato come dimensione istituzionale deve poter prevedere questo assunto, non come un diritto di “platea”, ma come riconoscimento alla possibilità di espressione e di comunicazione delle popolazioni che sono nel suo seno. La legislazione italiana ha previsto fin dalla sua genesi costituzionale, attraverso vari articoli del suo enunciato fondamentale, una teoria di riconoscimenti nella direzione delle minoranze linguistiche. In qualche caso tali riconoscimenti sono stati contingenti agli eventi storici del dopo guerra, soprattutto per quanto riguarda alcune autonomie speciali. Sul tema delle comunicazioni, i legislatori costituzionali non avrebbero potuto prevedere quale sviluppo sarebbe avvenuto dai sistemi di comunicazione di massa, ma l’evoluzione delle tecnologie ha di fatto influenzato negli anni anche il diritto su tali materie. L’applicazione della tutela delle minoranze linguistiche, con la Legge 482/1999, fino ad oggi non ha garantito una più ampia visibilità alle lingue da tutelare. Rimangono inoltre irrisolte molte questioni di fondo sull’opzione di tutela e si è creata una discriminazione tra lingue riconosciute ed altre ridotte a “dialetto”. Nel contesto della regione Piemonte il superamento delle barriere comunicative, soprattutto (e paradossalmente) per quanto riguarda la lingua piemontese, è oggettivamente la difesa del diritto della dignità personale del cittadino alla sua opzione linguistica. In tempi ove la sensibilità ad abbattere le barriere architettoniche è fondamentale per la dignità della persona, resta altrettanto prioritario l’abbattimento delle barriere linguistiche, in una piena realizzazione dei processi comunicativi del territorio. Solo una più ampia visione della realtà delle lingue storiche del Piemonte e la sua applicazione normativa, supportata dal rilancio non folcloristico della locuzione piemontese, può interagire con il sistema-Piemonte. Noi auspichiamo l’accesso alla comunicazione per la lingua piemontese, ma certo non ci conforta ciò che si sta verificando tra il servizio pubblico radio-televisivo e le minoranze linguistiche. Il nuovo contratto di servizio (accordo Rai-Ministero), per il triennio 2007/2009 sembra ignorare, in una perfetta sintonia tra governi passati e presenti, la legge statale di tutela delle minoranze linguistiche storiche. Tale contratto di servizio,”Iniziative per la valorizzazione delle istituzioni e delle culture locali”, prevede un generico impegno della RAI ad “assicurare le condizioni per la tutela delle minoranze nelle zone di loro appartenenza.” L’articolo 11 del contratto di servizio sembra dare alla RAI un ruolo di “promozione”, che si attorciglia però su sfumature bizantine ed altri anfratti normativi. Fra disposizioni sulle convenzioni, oneri in tutto o in parte a carico degli enti locali in ambito regionale, provinciale e comunali (i famosi accordi tra amministrazioni regionali e sedi RAI territoriali), di fatto viene meno il principio di garanzia sancito dalla legge di tutela. Dietro agli enunciati ed alle solite promesse della politica italiana, (storicamente poco incline alle questioni culturali), traspare una realtà che fa astrazione delle minoranze linguistiche. Le convezioni tra enti locali e sedi regionali RAI hanno dimostrato plasticamente che l’applicazione della Legge 482/1999 in tema di comunicazione non si è dimostrata fino ad oggi un automatismo democratico. Il “modus operandi” politico che regola queste tematiche va ad incardinarsi nelle dinamiche delle leggi di mercato ove le “quote” delle minoranze linguistiche sono molto basse poiché il rapporto locutori-minoranza linguistica è elettoralmente poco appetibile per le strategie della politica italiana. Dal versante piemontese ci permettiamo di far rilevare che il numero dei locutori non è assolutamente disprezzabile e che forse sarebbe opportuno uscire dal “ghetto” della tutela legislativa, investendo sulla comunicazione anche attraverso la nostra lingua, così come s’investe in altri segmenti del sistema Piemonte.
Roberto Saletta