Da Casalenews, 4 Giugno 2011.
Casale – Lungo e articolato intervento dell’associazione Gioventura Piemontèisa, che da anni si batte per difendere l’identità delle nostre terre.
“Il piemontese è una lingua vera e propria, basta mistificazioni”. È questa la sintesi di un lungo intervento che ci ha inviato l’associazione Gioventura Piemontèisa, che da anni si batte per dare dignità alla cultura, all’identità e alla lingua parlata nelle nostre terre, e che pubblichiamo integralmente.
“Negli ultimi tempi – scrivono gli esponenti di Gioventura Piemontèisa – assistiamo con amarezza a una campagna di calunnie contro la lingua piemontese e contro l’azione del nostro movimento culturale, ormai da anni fortemente radicato nel Monferrato. Tale subdola operazione, portata avanti da alcuni “guru” di circoli locali, si manifesta in particolare attraverso articoli di stampa dove, facendo leva su luoghi comuni, si vuole insinuare un pregiudizio volto a sminuire la dignità della nostra lingua piemontese e, di conseguenza, l’identità e la cultura del nostro popolo”.
“Tale campagna di disinformazione è volta a negare al piemontese la dignità di “lingua” autonoma riconosciutale dai più eminenti studiosi di tutto il mondo, dall’Unesco e dal Consiglio d’Europa, adducendo quale pretesto un giudizio soggettivo sulla presenza di diverse varietà locali.
Giova quindi ricordare, citando il prof. S. Gilardino (Mc Gill University, Montréal) che la presenza di varianti locali apofoniche caratterizza l’85% delle lingue del mondo (tra le quali l’inglese, il tedesco, il francese…) e che tale condizione non pregiudica affatto ad una parlata lo status di “lingua””.
“Insinuazioni del tipo “è del tutto inadeguato il tentativo di creare un’unica lingua piemontese” appartengono al regno della fantasia o a valutazioni dettate da malafede; non è necessario “creare” alcunché, poiché il piemontese è vivo e patrimonio di oltre 3 milioni di locutori nella sola Regione Piemonte. Noi che parliamo abitualmente piemontese, di qualunque paese o provincia, fra noi ci capiamo benissimo. Nessuno vuole cambiare il modo di parlare della gente dei nostri paesi; il nostro obiettivo è quello di portare a conoscenza dei Piemontesi quanto è stato loro taciuto con malizia per decenni: la straordinaria ricchezza, la capacità espressiva, le grandi possibilità di sviluppo della loro lingua. Le singole varianti locali costituiscono una grande ricchezza e sono legate nella storia alle persone che le parlano e ai luoghi dove vivono. Questa ricchezza, secondo noi, merita un futuro; non il ghetto, né la polvere delle biblioteche, neanche la pretesa e saccente “tutela” di certe figure che si autoproclamano punti di riferimento e che in realtà sono null’altro che pedine di chi insiste nel negare l’evidenza e nel volere nascondere la polvere sotto il tappeto: la lingua più parlata dalle nostre parti, malgrado un ben chiaro disegno di nascondimento della vera identità del Piemonte, è la lingua piemontese, e non importa (anzi, è un arricchimento!) se ogni paese ne mantiene caratteristiche proprie e peculiari. Il piemontese è una lingua minoritaria (come il catalano, il ladino, lo scozzese…) del tutto autonoma dall’italiano, e tentare di sminuirne l’importanza sociale o di rinchiuderla esclusivamente in circoli letterari è un’operazione maliziosa e pericolosa”.
“Il voler imporre con la forza una lingua (sempre più spesso l’italiano-romanesco) a scapito della parlata materna è stata ed è, piuttosto, una prerogativa della scuola e della televisione italiane, che hanno concorso attivamente a sradicare intere generazioni, togliendo loro la possibilità di sentirsi parte di una comunità. Una lingua con poche varianti locali è una lingua artificiale, televisiva, frutto di una non-cultura che ci vorrebbe tutti uniformati. Come l’italiano di oggi”.
“E poiché la lingua non è solo un codice di comunicazione, ma anche e soprattutto un modo di percepire la realtà e di vedere il mondo (W. Von Humboldt: «La vera patria dell’essere umano è la sua lingua»), se le famiglie sono vittime del pregiudizio indotto dai mezzi di informazione, la società deve dotarsi di mezzi efficaci per sanare questa aberrazione o, almeno, deve essere informata senza censure sul tesoro che sta svendendo e dilapidando. È contro queste semplificazioni, contro questa disinformazione, contro il pensiero unico e per l’identità e la dignità della nostra gente che lavoriamo da quasi vent’anni”.
“Gioventura Piemontèisa, pur essendo anche editore e promotore di concorsi, non si limita all’ambito letterario, ma chiede per il piemontese quanto previsto per le lingue minoritarie d’Europa (cfr. la «Carta Europea delle Lingue Regionali e Minoritarie», Consiglio d’Europa, Strasbourg 1992), vale a dire il rispetto e la dignità del riconoscimento ufficiale, con la conseguente possibilità di insegnamento scolastico e di utilizzo nell’informazione”.
“Noi non vogliamo diventare gli ultimi depositari di una lingua o assumere la tracotanza dei “guru” che pretendono di sbeffeggiare chi, ispirandosi a metodi attuati in tutta Europa – ma non in Italia – opera per evitare l’estinzione del piemontese. La nostra lingua madre la si rispetta continuando a parlarla come ce l’hanno insegnata, imparandola adesso se ci hanno impedito di impararla prima; le si dà un futuro se la si insegna ai figli e ai nipoti come prezioso segno di identità collettiva e individuale, se si impara a scriverla conformemente alla tradizione che in mille anni di opere di ogni genere l’hanno resa – citando nuovamente il prof. Gilardino – «tra le più splendide lingue letterarie d’Europa»”.
Redazione On Line