RICORSO PER LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE 17 giugno 2009 , n. 38
Ricorso per questione di legittimita’ costituzionale depositato in cancelleria il 17 giugno 2009 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 30 del 29-7-2009)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, nei cui uffici domicilia in Roma dei Portoghesi, 12;
Contro la Regione Piemonte, in persona del Presidente in carica, per l’impugnazione della legge regionale del Piemonte n. 11 del 7 aprile 2009, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Piemonte n. 15 del 16 aprile 2009, recante «Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico del Piemonte», nell’articolo 1, commi 1 e 3, nell’articolo 2, comma 2, lettera c) e lettera g), nell’articolo 3, comma 5 e nell’articolo 4.
La legge regionale del Piemonte n. 11 del 2009 e’ stata emanata con la dichiarata finalita’ di tutelare e valorizzare «la lingua piemontese, l’originale patrimonio culturale e linguistico del Piemonte, nonche’ quello delle minoranze occitana, franco-provenzale, francese e walzer (sic! n.d.r.), promuovendone la conoscenza» (art. 1).
(…)
La legge regionale e’ illegittima nell’articolo 1, commi 1 e 3, nell’articolo 2, comma 2, lettera c) e lettera g), nell’articolo 3, comma 5 e nell’articolo 4 per i seguenti
M o t i v i
Violazione dell’articolo 6 della Costituzione.
L’art. 1, comma 1, che attribuisce al piemontese il valore di «lingua piemontese», non solo a fini culturali, come gia’ previsto da altre leggi regionali (1.r. Lombardia n. 27/2008, l.r. Emilia-Romagna n. 45/1994, l.r. Veneto n. 8/2007), bensi’ anche al fine di parificarla alle lingue minoritarie «occitana, franco-provenzale,
francese e walzer(sic! n.d.r.)», e poterle conferire, con gli articoli sopra indicati, il medesimo tipo di tutela, eccede dalla competenza regionale.
Essa viola l’art. 6, Cost. (secondo il quale «La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche») nell’attuazione e nell’interpretazione ad esso data rispettivamente dalla legge n. 482/1999 e dalla giurisprudenza costituzionale.
In particolare tale norma regionale contrasta con l’art. 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482 («Norme a tutela delle minoranze linguistiche e storiche») che, «in attuazione dell’articolo 6 della Costituzione», stabilisce il numero e il tipo di lingue minoritarie da tutelare, prevedendo che «la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo», e non ricomprende quindi tra le lingue ritenute meritevoli di tutela la lingua piemontese.
Essa contrasta inoltre con la giurisprudenza costituzionale, che pone in capo al legislatore statale la titolarita’ del potere d’individuazione delle lingue minoritarie protette, delle modalita’ di determinazione degli elementi identificativi di una minoranza linguistica da tutelare, nonche’ degli istituti che caratterizzano questa tutela.
Codesta ecc.ma Corte costituzionale si e’ pronunciata recentemente su tale materia, e ha affermato, con sentenza n. 159/2009, che «l’attuazione in via di legislazione ordinaria dell’art. 6 Cost. in tema di tutela delle minoranze linguistiche genera un modello di riparto delle competenze fra Stato e regioni che non corrisponde alle ben note categorie previste per tutte le altre materie nel Titolo V della seconda parte della Costituzione, sia prima che dopo la riforma costituzionale del 2001.
Infatti, il legislatore statale appare titolare di un proprio potere di individuazione delle lingue minoritarie protette, delle modalita’ di determinazione degli elementi identificativi di una minoranza linguistica da tutelare, nonche’ degli istituti che caratterizzano questa tutela, frutto di un indefettibile bilanciamento con gli altri legittimi interessi coinvolti ed almeno potenzialmente confliggenti (si pensi a coloro che non parlano o non comprendono la lingua protetta o a coloro che devono subire gli oneri organizzativi conseguenti alle speciali tutele). E cio’ al di la’ della ineludibile tutela della lingua italiana».
In proposito codesta ecc.ma Corte aveva del resto gia’ affermato che il legislatore statale «dispone in realta’ di un proprio potere di doveroso apprezzamento in materia, dovendosi necessariamente tener conto delle conseguenze che, per i diritti degli altri soggetti non appartenenti alla minoranza linguistica protetta e sul piano organizzativo dei pubblici poteri – sul piano quindi della stessa operativita’ concreta della protezione – derivano dalla disciplina speciale dettata in attuazione dell’art. 6 della Costituzione» (sentenza n. 406/1999).
Nella menzionata sentenza n. 159/2009 si e’ ritenuto che la legge n. 482/1999 costituisca il quadro di riferimento per la disciplina delle lingue minoritarie, e non sia modificabile ne’ da parte delle regioni ordinarie, ne’ da parte delle regioni a statuto speciale, salvo che per queste ultime le norme derogatorie alla suddetta disciplina statale siano introdotte, in attuazione di disposizioni statutarie, con le norme di attuazione dello Statuto, e quindi promanino, seppure a seguito di un procedimento di emanazione atipico, dal legislatore statale.
Dal momento dunque che per la ormai consolidata giurisprudenza costituzionale il legislatore statale e’ titolare del potere di individuazione delle lingue minoritarie protette, emerge in tutta la sua evidenza la illegittimita’ costituzionale della legge regionale del Piemonte n. 11 del 2009, in primo luogo nel suo articolo 1, comma 1, laddove individua una nuova lingua minoritaria protetta (il piemontese) oltre a quelle tassativamente stabilite dalla legge n. 482/1999.
Sono conseguentemente incostituzionali anche le altre disposizioni contenute nella legge regionale in esame, in quanto volte ad attribuire alla «lingua piemontese» lo stesso tipo di tutela riservato alle lingue minoritarie della legge n. 482/1999.
Si tratta in particolare delle seguenti disposizioni: a) l’articolo 1, comma 3, nella parte in cui rinvia alle procedure delineate dalla legge n. 482/1999 per la delimitazione territoriale dell’ambito di tutela (anche) della lingua piemontese, riferendosi cosi’ a una lingua esclusa da tutela, e contrastando, per tale aspetto, con l’art. 3 di tale legge statale che circoscrive la delimitazione degli ambiti alle sole lingue individuate nell’art. 2
della legge stessa; b) l’articolo 2, comma 2, lett. c), nella parte in cui prevede la facolta’ per gli enti locali di introdurre progressivamente accanto alla lingua italiana l’uso (anche) della lingua piemontese negli uffici degli enti locali ed in quelli dell’amministrazione regionale presenti sul territorio, in quanto viola cosi’ l’art. 9, legge n. 482/1999, che consente tale uso solo alle lingue minoritarie individuate dall’art. 2 della stessa legge;
c) l’articolo 2, comma 2, lett. g), dal momento che, disponendo «l’attuazione di intesa con le emittenti pubbliche di trasmissioni culturali in piemontese», contrasta con l’art. 12 della legge n. 482/1999, che consente «convenzioni con la societa’ concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo» per le sole lingue minoritarie ammesse a tutela dall’art. 2, legge n. 482/1999; d) l’articolo 3, comma 5, e l’articolo 4, prevedendo rispettivamente; il ripristino delle denominazioni storiche dei comuni e l’apposizione di segnali stradali di localizzazione territoriale che utilizzino idiomi locali in aggiunta alla denominazione in lingua italiana, in quanto cosi’ riconoscono tale forma di tutela anche alla lingua piemontese e contrastano pertanto con l’art. 10, legge n. 482/1999, che consente la toponomastica bilingue alle sole lingue e nei soli territori individuati rispettivamente dagli artt. 2 e 3, legge n. 482/1999.
P. Q. M.
Alla stregua di quanto precede si confida che codesta Ecc.ma Corte vorra’ dichiarare l’illegittimita’ delle disposizioni sopra indicate della legge regionale del Piemonte n. 11 del 7 aprile 2009.
Roma, addi’ 15 giugno 2009
L’avvocato dello Stato: Lorenzo D’Ascia
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