A proposito di bilinguismo regionale

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Intervento del Dr. Paolo Coluzzi, Università del Brunei

(dal sit http://bilinguismoregionale.splinder.com/tag/vantaggi+del+bilinguismo)

Come è già stato spiegato molto chiaramente dagli amici e colleghi di bilinguismo.regionale, parlare bene più di una lingua non può che portare vantaggi di vario tipo. Qualcuno ha detto: “più lingue si parlano, più vite si vivono”, ed io sottoscrivo totalmente questa affermazione. Ogni lingua che parliamo ci dà la possibilità di conoscere nuovi mondi, di acquisire conoscenze specificamente legate a quelle lingue e culture.

Qualcuno dirà: ma allora è meglio essere bilingui con lingue internazionali quali l’inglese o il francese… Certo, è utile, interessante ed importante parlare lingue che ci permettano la comunicazione internazionale, lingue che ci aiutino a trovare un impiego migliore, ma questo non deve precludere la trasmissione intergenerazionale della lingua locale. Come già spiegato, parlare due lingue fin da piccoli aiuterà l’apprendimento successivo di altre lingue come l’inglese. Idealmente credo che nel contesto italiano si debbano parlare almeno tre lingue: la lingua locale (spesso definita ‘dialetto’ per il fatto di non essere riconosciuta dallo Stato), l’italiano e l’inglese.

Vorrei sottolineare che la ricerca fatta negli ultimi 30 anni dimostra che la conoscenza della lingua ufficiale dello Stato (l’italiano nel nostro caso) non è mai compromessa dallo studio parallelo di una lingua locale, anche quando quest’ultima viene utilizzata a scuola per un numero di ore superiore a quello dedicato alla lingua dello Stato (vedi programmi bilingue di immersione).

Tornando ai vantaggi apportati dalla conoscenza della lingua locale, vorrei citare due ricerche che sono state svolte in Italia (il seguente paragrafo è tratto dal mio libro Minority Language Planning and Micronationalism in Italy: an Analysis of the Situation of Friulian, Cimbrian and Western Lombard with Reference to Spanish Minority Languages, Peter Lang, 2007).

Un esperimento interessante è stato fatto in Piemonte nel 1988-89: un campione di 140 bambini frequentanti il primo anno di diverse scuole elementari della Val di Lanzo (provincia di Torino) erano stati divisi in due gruppi, ad uno dei quali era stato assegnato un programma che includeva l’uso dell’italiano, il dialetto locale e l’inglese, mentre l’altro avrebbe seguito il programma tradizionale in italiano. Alla fine dell’anno, le differenze tra i due gruppi si sono dimostrate statisticamente significative per tutte le misurazioni compiute, come ad esempio […] il quoziente intellettivo ed i test di lettura, ascolto, scrittura ed orali. […] Inoltre alla fine dell’anno è stata misurata anche la competenza raggiunta nel dialetto ed in inglese […] con lo stesso tipo di test usati per l’italiano, adattati però al vocabolario delle altre due lingue. Considerando la brevità dell’esperimento (un anno), i risultati sono stati soddisfacenti.

Simili risultati positivi sono risultati da una ricerca svolta su bambini rom trilingue (romaní, italiano, lingua locale) residenti a Campobasso (Molise). Un’ulteriore dimostrazione che se può usare la sua lingua madre a scuola un bambino può ottenere risultati migliori è stata offerta dall’esperimento svolto a Timau-Paluzza/Paluce (friulano) e a San Pietro al Natisone/Špeter (sloveno) da Carlo Ceccherini, professore di analisi matematica e calcolo delle probabilità presso l’Università di Udine/Udin. Ai bambini è stato dato un questionario con problemi da risolvere nella loro lingua madre, e si è notato che “I bambini che erano capaci di rispondere al questionario in friulano e sloveno hanno ottenuto risultati  addirittura migliori degli altri”. Non perché siano più intelligenti, ma perché la lingua usata era quella di “casa”. Segno che “gli aspetti affettivi ed emozionali possono aiutare a superare l’ostiilità verso la materia”’.

Mantenere le lingue locali però non è solo una questione di vantaggi personali. Mantenere la propria lingua è un po’ come mantenere un bel giardino: fa bene a noi e ne godiamo, ma se altra gente fa lo stesso il risultato sarà di grosso vantaggio per l’ambiente in cui viviamo. Con le lingue non si parla naturalmente di ambiente naturale, ma di ambiente linguistico-culturale, comunque strettamente legato al primo. Le lingue locali sono portatrici di una cultura antica legata al territorio, di conoscenze ancestrali, di suoni ed umori che semplicemente non fanno parte della lingua e cultura maggioritarie. E sono parte delle nostre radici, della nostra identità. E poi la diversità fa bene: quella biologica all’ambiente, quella linguistica alla nostra salute psicofisica e alla nostra cultura.

Quindi da ricercatore che da anni si occupa di temi legati alle lingue minoritarie ed in pericolo posso solo raccomandare a tutti quelli che ancora parlano una lingua locale, non importa se questa venga definita dalla cultura ufficiale ‘lingua minoritaria’ o ‘dialetto’, di trasmetterla ai loro figli: non avranno niente da perdere e tutto da guadagnare!

Dr. Paolo Coluzzi (Universiti Brunei Darussalam)

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