Domenica 24 novembre il Corriere della Sera pubblicava un articolo in cui, parlando di “fallimento delle Regioni” e citando con puntiglio i motivi che ne sarebbero alla base, in realtà si scopriva svelando il disegno nascosto (ma evidente) ordito dallo Stato italiano negli ultimi quarant’anni: la volontà e il tentativo caparbio teso alla soppressione di tutti gli enti territoriali per addivenire a una Repubblica veramente e finalmente “una” e sempre meno divisibile, centralizzando tutto il potere a Roma, se possibile ancora di più di quanto non avvenga già oggi.
Che le cose stiano in questi termini e che non si tratti di fantasie di menti paranoiche lo si può d’altronde evincere chiaramente dall’interpretazione degli atti normativi (in sé logici e coerenti), ripetutamente e costantemente approvati a detrimento delle libertà locali e della rappresentatività democratica e volti alla limitazione, compressione e castrazione di qualsivoglia spazio di libertà delle comunità territoriali e delle minoranze nazionali (come i Piemontesi).
Si pensi soltanto a quanto lo Stato ha realizzato in tal senso: dall’aver assegnato tutto il potere alle giunte comunali, svuotando de facto il ruolo dei consigli elettivi (e qui, en passant, ricordiamo che i Comuni dipendono ancora dal ministero dell’interno…), alla diminuzione del numero di parlamentari (pardon, “consiglieri”…) regionali, all’eliminazione dei già miserrimi compensi dei Sindaci, al sempre ricorrente tentativo di unificare i Comuni e di eliminare le Province.
Una politica perseguita sempre con qualche “nobile” giustificazione, come la razionalizzazione della spesa o il riordino dell’organizzazione statale, e opportunamente veicolata, sostenuta e pompata dai media. Come se i giganteschi e insolubili problemi dell’italia dipendessero dall’eliminazione dei cento euro mensili di rimborso ai consiglieri eletti dei nostri piccoli Comuni… Mai nessuno che abbia proposto, invece, in tutti questi anni, di ► sopprimere le prefetture o di sciogliere i Carabinieri (per fare due soli dei possibili esempi), trasferendo le loro funzioni alle Regioni.
Regioni a statuto ordinario (e il Piemonte è fra queste) che, occorre ricordarlo, vennero istituite con un quarto di secolo di ritardo e che subito, col solito gioco delle tre carte all’italiana, si videro sottrarre le indispensabili risorse economiche – prontamente accentrate a Roma.
Regioni che nessuno voleva e che nacquero morte, senz’anima e private delle competenze, concepite per gestire il sottogoverno in un’ottica di spartizione politica territoriale e quale “palestra” per futuri deputati e senatori (col risultato di allevare una classe politica mediocre e inane, con la testa rivolta a Montecitorio e completamente manovrabile e indirizzabile da parte dei capibastone romani).
Enti costituzionali che avrebbero potuto costituire un serio contropotere rispetto allo Stato e che proprio per questo motivo vennero, invece, assassinate nella culla.
Non così avvenne con le Regioni a statuto speciale (già nate in condizioni del tutto diverse) e chiunque oggi vada a farsi una vacanza in Sud Tirolo può vedere e toccare con mano quanto quest’istituzione avrebbe però potuto funzionare bene anche in Piemonte.
Ma proprio per questo motivo lo Stato mise la massima attenzione nel limitarne il ruolo e nello sminuirne le funzioni (a partire dai nomi – la forma è sostanza: lo sapevate che la dizione “parlamento regionale” è incostituzionale? è infatti molto meglio un più scialbo e meno aulico “consiglio”…): la Corte Costituzionale (il vero cane da guardia del centralismo italiano) ha sempre avuto quale sua prima cura quella di limitarne il più possibile le aree di intervento, esercitando addirittura una sorta di censura preventiva indotta sui Consigli Regionali (e in questo contesto si inserisce la scandalosa sentenza del 2010 contro la lingua piemontese, per non parlare delle precedenti impugnative governative degli anni Settanta contro la legge Calsolaro, con relative sentenze).
In questi mesi una ben coordinata campagna sta portando all’attenzione dell’opinione pubblica una serie di episodi di malaffare veri o presunti che hanno visto coinvolti i vari consiglieri e assessori, insinuando il dubbio nei cittadini non solo della inutilità delle Regioni, ma che le cose, in fondo, andrebbero meglio se venissero abolite.
Orbene, senza volerne fare una difesa d’ufficio (sono criticabilissime, soprattutto per l’ignavia dimostrata nel reclamare i propri spazi e le proprie prerogative) né tacere del malaffare anche diffuso (ma non più che altrove), ci pare tuttavia doveroso distinguere l’errore dall’errante, vale a dire l’ente rappresentativo dai rappresentanti (che saranno magari anche indegni, ma che non si identificano con quello).
Ci sembra infatti palese che, con la scusa di colpire i singoli casi, si abbia di mira l’ente in quanto tale e lo si voglia affossare.
Addossare alle Regioni la causa delle inefficienze, degli sprechi e dei mali italiani, inoltre, è non soltanto ingeneroso, ma ridicolo, perché in realtà non furono mai fatte nascere per davvero e si impedì loro di svilupparsi; ed anche perché non gestiscono che una parte minima del bilancio complessivo – per di più totalmente vincolata dallo Stato).
Certo, come ricorda il Corrierone, in Piemonte risultano indagati 43 consiglieri regionali su 60. E allora? Dovremmo per questo rinunciare all’ente che, pur con tutti suoi limiti, in qualche modo rappresenta i Piemontesi e negarci, in tal modo, questo pur limitato spazio di autonomia?
I democraticissimi mezzi di informazione delle multinazionali e delle banche, che hanno notoriamente a cuore il nostro benessere e la nostra felicità, hanno tutto l’interesse nel fare la respirazione artificiale al baraccone italiano e alla sua classe politico-affaristica per mantenerla ancora in vita quel tanto che basta per poterla comandare.
Ovvio che è molto più comodo per loro trovarsi di fronte a una sola organizzazione statale che a venti (come sarebbe se l’italia si fosse data un ordinamento federale) e che proprio per questo lo Stato cercherà fino all’ultimo di scongiurare qualsiasi forma di autogoverno locale.
Capito il gioco? Da mesi si sta preparando l’opinione pubblica con una sapiente campagna a base di scandali per far passare come necessaria e addirittura desiderabile l’abolizione delle Regioni a statuto ordinario e la fusione dei Comuni, in modo da rafforzare l’ “indivisibilità” della repubblica democratica.
Su una cosa, poi, ha ragione l’articolista del Corriere, quando dice che “è venuta l’ora di prendere in mano un paio di forbici. È indispensabile tagliare norme e posti, funzioni e sovrapposizioni, enti ed accidenti”. Ma non come suggerisce lui (perché “in caso contrario dovremo rassegnarci a tagliare le Regioni”), ma cominciando a snellire l’ipertrofico e inefficientissimo Stato italiano (quattro milioni di dipendenti pubblici: il doppio che in Francia!), riappropriandoci delle competenze e delle risorse economiche necessarie – da far gestire proprio alla Regione Piemonte.
Se il trend delle vendite dei giornali venisse confermato, si rassegni invece, il Nostro, a veder tagliato il proprio stipendio e magari a venir licenziato da quel giornale che avrebbe già chiuso se negli anni passati non avesse goduto di decine di milioni di contributi da parte di quello Stato italiano che (ovviamente) difende.
29.11.2013
Non dite che non ve l’avevamo detto:
► 11.10.2012: È morta la Regione Piemonte
► 4.5.2013: L’Italia vuole far fuori la Regione Piemonte
►18.6.2013: Una Regione senza spina dorsale
► 16.8.2013: Verso l’abolizione del Piemonte?
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Aggiornamenti 1.12.2013
► MA GUARDA UN PO’: UNA NOTIZIA CHE GIOVENTURA PIEMONTÈISA HA PREVISTO A OTTOBRE DELL’ANNO SCORSO… Sono italiani: Devono fare la pizza e riscuotere il pizzo, non fare politica. Non l’hanno mai fatta prima, si sono sempre fatti governare dagli altri. Da 150 anni stanno dimostrando tutta la loro tragica incapacità.
http://www.beppegrillo.it/listeciviche/forum/2012/02/le-regioni-vanno-abolite.html
► Capito cosa dice il ► presidente della Campania (quello che auspicava la soppressione dei piccoli Comuni piemontesi)?: “Per togliere competenze alle Regioni bastano leggi ordinarie. Insomma si potrebbe iniziare con lo svuotarle. E poi questo è il momento buono “.
Ma, tranquilli: “Il mio partito, e in generale tutti i movimenti di centrodestra, è pronto. Le sacche di resistenza si trovano nel Pd”. Piemontesi, SVEGLIA!! (e attenzione ai falsi amici…)
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Da nòstr archivi Facebook (da otóber dël 2012). A-i era chi ch’a disìa ch’i j’ero complotista e ch’i esageravo…