Certo che ci va un bel coraggio. Prima lo Stato italiano ci trapianta in Piemonte le sue mafie autoctone (quante sono? quattro, cinque, sei…?) e poi la Rai sfotte pure noi Piemontesi con il solito, ennesimo, sceneggiato che tratta dell’unica attività per cui gli italiani sono ben noti in tutto il mondo.
Maestri nel gioco delle tre carte e nel girare la frittata: lasciando la parola al protagonista della fiction, che si sente pure in diritto di farci la morale, la ratio dell’operazione è tutta qui: “si tentava di spacciare il concetto che al Nord la mafia non esistesse…”. Come a dire: mal comune, mezzo gaudio e minchia… avete visto che mo’ la ‘ndrangheta (e anche la camorra) la tenete pure voi?.
E invece no. Da noi non è mai esistita (sorry…) prima che i vari governi italiani la importassero, favorendone l’impianto in tutti i modi (ad es. attraverso il soggiorno obbligato e gli appalti pubblici truccati e già assegnati alle loro cosche).
Il bello è poi il consiglio che lo strapagato protagonista dell’ennesimo clone de “la piovra” si sente in dovere di dare ai Piemontesi, quando li invita a “ribellarsi, a parlare alla magistratura e a confidarsi con le forze dell’ordine”. Cioè proprio coi cani da guardia di quella realtà criminale che è lo Stato italiano, unico responsabile della situazione di degrado morale e civile che (a parole) vorrebbe contribuire a sanare. Stato italiano che ha condannato da centocinquantadue anni il nostro Paese a vivere una penosa condizione di marginalità all’interno di una realtà mediterranea, extraeuropea ed estranea al contesto civile.
La verità è che il “sistema-mafia che si è insinuato in modo potente” in Piemonte viene continuamente alimentato e ingrassato dal più grande e comprensivo sistema-italia e che si eliminerà naturalmente soltanto recidendo ogni legame con questo e con quella entità malata e putrescente che è lo Stato italiano. Dando un bel taglio netto all’idea malvagia e bacata di italia e separandoci per sempre dal suo Stato-mafia. Zac!