di MARCO TAMBURELLI*
Uno dei motivi principali per cui un popolo abbandona la propria lingua tradizionale è la scarsa considerazione associata ad essa. L’Italia, con la sua glottofaga “dialettofobia” ne è un esempio primario. Molte comunità linguistiche d’Italia hanno continuamente ristretto i contesti sociali in cui usano la lingua locale, e i genitori hanno evitato sempre più l’uso della lingua locale nel rapporto con i figli, ritenendo che la propria lingua fosse qualcosa di cui vergognarsi, qualcosa di “fastidioso”, o addirittura di “inutile”.
Questo fatto è spesso citato da giornalisti e opinionisti vari come la prova provata che, se le varie lingue d’Italia stanno scomparendo e lo storico plurilinguismo viene lentamente ma inesorabilmente sostituito da un rampante monolinguismo sciacquato nell’Arno, si tratta solo di uno “sviluppo naturale”. La morte linguistica, insomma, sarebbe come la morte di una persona: triste ma inevitabile. Una lingua muore dopo aver fatto “il suo corso”, tutto per via delle leggi di Madre Natura. Nel caso dell’Italia, ma non solo, si legge spesso che le lingue locali non hanno più una funzione nella società, ed è quindi normale che muoiano. Non è altro che “il ciclo naturale delle cose”.
Ciò di cui si sente parlare molto meno spesso è invece il motivo per cui la funzione di queste lingue è presumibilmente venuta a mancare. Alcuni nominano l’alfabetizzazione, la televisione, e i media in generale come presunti motivi alla base della glottofagia italiana, come se questi mezzi esistessero indipendentemente dalle decisioni di chi li governa, e fossero venuti al mondo monolingui, dialettofobi e glottofaghi per volontà divina. Ovviamente non è così. Dietro alla scuola e alla televisione ci sono gli uomini, spesso uomini potenti, che hanno disegnato il sistema scolastico e mediatico prendendo decisioni che sono interamente ed inequivocabilmente politiche ed ideologiche, tra le quali troviamo il becero monolinguismo della lingua toscana in bocca romana che ha lasciato spazio alle altre lingue d’Italia solo quandunque ci fosse la possibilità di deriderle, con il napoletano canaglia, il lombardo arrogante, o il siciliano mafioso. Decisioni interamente politiche ed ideologiche che hanno esplicitamente e politicamente voluto la totale eliminazione delle lingue storiche d’Italia dalla carta stampata ufficiale, anche quelle lingue che, come il veneto, erano state per secoli non solo lingue di corte ma anche lingue amministrative, riempendo documenti ufficiali secoli prima che il Manzoni si convincesse delle capacità detersive dell’Arno. Decisioni interamente politiche ed ideologiche che hanno esplicitamente e politicamente negato l’inserimento delle lingue storiche d’Italia nel sistema scolastico, nonostante l’insistenza e la lungimiranza del grande linguista Graziadio Isaia Ascoli e di grandi pedagoghi del calibro di Giuseppe Lombardo Radice, e nonostante esistesse materiale didattico bilingue italiano-lingua locale di alta qualità, come per esempio il Vocabolario milanese-italiano del Cherubini, o il Vocabolario dell’uso abruzzese di Gennaro Finamore. Decisioni interamente politiche ed ideologiche che hanno continuamente sostenuto l’umiliazione di generazioni di bambini italiani la cui unica colpa è stata quella di avere madri che sciacquavano i panni nel Ticino o nel Volturno. Decisioni interamente politiche ed ideologiche che, con la scuola prima e con la radio e la televisione poi, hanno perpetrato e perpetrano tuttora una sistematica inoculazione della vergogna che non ha nulla a che fare con Madre Natura e tutto a che fare con una artificialissima ingegneria sociale. Perché non c’è alcuna volontà divina secondo la quale la scuola debba prima punire e poi ridicolizzare chi parla una lingua diversa da quella arbitrariamente scelta da un gruppo di aristocratici oscurantisti che si auto-concessero il diritto di decidere come doveva parlare il rimanente 95% della popolazione.
È ineccepibile che la decisione di barrare le porte della scuola ad un plurilinguismo millenario è antistorica per definizione, e quindi una delle cose più artificiali che esistano. È ineccepibile inoltre che un sistema scolastico che si è da sempre ostinato a parlare ed insegnare solo ed esclusivamente il dialetto toscano (anche se con il rebranding di “lingua italiana”) a bambini non toscanofoni non ha nulla di naturale. Così come non c’è nulla di naturale nello spingere i genitori a non parlare la loro lingua madre con i propri figli. Semmai, parlare la propria lingua madre con i figli è la cosa più naturale che esista, mentre parlare loro una lingua imparata attraverso le bacchettate e i quiz di Mike Bongiorno è tanto artificiale quanto grottesco.
È ovvio dunque che il procedimento che sta portando la morte della diversità linguistica in Italia ha ben poco in comune con la presunta “morte naturale” e molto con una condanna a morte. Ed è così che le lingue d’Italia si trovano vittime di quel tiranno medievale che, dopo aver sottratto cibo ed acqua al condannato per intere settimane, si ritiene assolto davanti ai sudditi e a Dio perché – dopotutto – il poveretto è morto di “cause naturali”.
*Docente di Bilinguismo presso l’Università di Bangor, Galles (UK)
fonte: L’Indipendenza – 22 Giugno 2012