► Un lumin për Turin / Une bougie pour Turin
Un bougie pour Turin. Même les amis Savoisiens et Nissarts peuvent parteciper s’ils veulent! On va allumer une petite bougie commémorative la nuit entre le 21 et 22 séptembre en mémoire de “Turin capitale” et des 52 victimes qui arrivèrent, ce jour là du 1864, suite à les protestations contre le déplacement de la capitale d’Italie de Turin à Florence. C’est une histoire jusq’au moment vraiment cachée!
Da 26 agn an sà ij Turinèis e ij Piemontèis a l’han arpijà a fé memòria dij mòrt nossent dël carnage ‘d Turin dël 1864. Për ël ters ann a l’é Gioventura Piemontèisa ch’a promeuv costa comemorassion.
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Coma che an costi di la Piassa San Carlo a Turin a l’é torna stàita sequestrà da ‘d manifestassion da fera andova che ij Piemontèis a son frosté, baracon finansià a malòch da ent pùblich, amis dla polìtica e framasson, la comemorassion a l’ha dovù esse tramuvà a
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Dumìnica 2 d’Otóber 2016
a 4 ore an piassa San Carlo sota la placa comemorativa
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I spetoma ij Turinèis, ij Piemontèis e ij sitadin dj’Ëstat ëd Savòja për rende omage a costi mòrt dij nòsti, dësmentià an càusa a la volontà assimilatris dl’ëstat italian che, fin-a da soa fondassion, a l’ha avù ‘l but ëd campé ant la dësmentia tuta la gloriosa milenaria stòria piemontèisa.
152 ANNI FA LA STRAGE DI TORINO
Non dimentichiamo i Piemontesi assassinati
in una strage di Stato il 21-22 Settembre 1864.
Nel 1857 negli Stati di Savoia un colpo di Stato aveva annullato le elezioni politiche, permettendo a Cavour (che non aveva la maggioranza parlamentare) e agli agenti della massoneria internazionale di portare a compimento la rivoluzione italiana nel 1859-60 e di proclamare il Regno d’italia l’anno successivo.
Nel 1864 il sottosegretario agli interni è il napoletano Silvio Spaventa – che traghetterà la malavita organizzata nelle stanze del potere. Il ministro degli interni è Ubaldino Peruzzi, definito “bandiera dell’antipiemontesismo”, che con Spaventa guida il tentativo di togliere potere e influenza al Piemonte, comunemente avvertito come corpo estraneo all’Italia: il rigorismo subalpino mal si accorda con l’intrallazzatrice e corrotta mentalità italiana.
I gravissimi fatti di Torino – sempre colpevolmente minimizzati dalla storiografia ufficiale – avvennero in seguito alla firma della “Convenzione di settembre” con la Francia, che prevedeva il trasferimento della Capitale del Regno d’Italia da Torino a Firenze (clausola segreta suggerita dall’emiliano Gioacchino Napoleone Pepoli).
L’avvenimento segnò l’apice dell’attività antipiemontesista attuata da ministri e governanti del neonato Stato italiano che, servendosi di agenti provocatori, esautorando di fatto il questore piemontese, sostituito con funzionari subdoli e sleali provenienti da fuori, e facendo promuovere dai prefetti manifestazioni di giubilo in tutta Italia per umiliare Torino, intendevano togliere al Piemonte il primato politico e scavare un solco di rancore.
Il governo italiano vietò le riunioni del Consiglio Comunale, escluse i generali piemontesi dal Consiglio di Difesa, proibì la convocazione della Guardia Nazionale, formata da Piemontesi. Funzionari di polizia milanesi e palermitani agirono male in una città che non conoscevano; i questurini assalirono e malmenarono i pacifici manifestanti dei quali non comprendevano la lingua.
La civile protesta dei Torinesi contro tali soprusi venne soffocata nel sangue dalla forza pubblica dello Stato italiano, fatta affluire in massa per porre la ex Capitale in stato d’assedio.
I soldati, i poliziotti e i carabinieri spararono sulla folla a più riprese in piazza Castello e in piazza San Carlo, uccidendo cinquantadue persone, fra cui due donne e diversi ragazzini, ferendone quasi duecento.
La sera del 21 settembre in piazza Castello i carabinieri aprirono il fuoco senza motivo su 300 persone in corteo, mirando deliberatamente anche ai monelli e ai passanti sotto i portici.
La sera successiva in Piazza San Carlo i carabinieri spararono all’impazzata sulla folla per cinque minuti di seguito colpendo anche alcuni soldati che, impreparati, reagirono al fuoco provocando una carneficina, che proseguì con inseguimenti per le strade. In quelle ore qualcuno pensò addirittura di bombardare Torino.
Alcuni testimoni che raccontarono e pubblicarono la realtà dei fatti fecero una fine “misteriosa”.
Malgrado l’episodio avesse suscitato raccapriccio in tutta Europa, l’indagine fu archiviata e nessuno fu individuato come colpevole. L’eccidio fu ben presto cancellato dai libri di storia. Le commemorazioni annuali, molto condivise dalla popolazione, vennero presto abolite, sparì perfino la grande stele commemorativa al Cimitero Monumentale.
Nessuno, ancora oggi, ha pensato di scusarsi con i Torinesi e la stessa toponomastica cittadina continua a non ricordare le vittime di quella strage italiana in Piemonte, nominate soltanto da una piccola lapide in un angolo di piazza San Carlo, tardiva, del tutto insufficiente e addirittura fuorviante.
Noi Piemontesi, di qualsiasi idea politica, non dobbiamo mai dimenticare, malgrado coloro che continuano a nascondere la nostra storia per sovrapporci una nuova identità.
► 1864: il massacro dei Piemontesi ad opera degli italiani | Le giornate di sangue di Torino per il tramud
LA DEPORTAZIONE DEI PIEMONTESI DA PARTE DEGLI ITALIANI
UN ASPETTO QUASI SCONOSCIUTO DELLE GIORNATE DI SANGUE DEL SETTEMBRE 1864 (CHE DOVREBBE ESSERE ADEGUATAMENTE DIVULGATO)
Massimo Novelli nel suo libro “I fantasmi dei Savoia” (Torino, 2012) ha ricostruito un episodio collegato alle dimostrazioni del settembre 1864, emerso soltanto per caso quando il ricercatore romano Marco Fano ha ritrovato la relativa documentazione, agli inizi del 2000, negli archivi del ministero degli esteri.
Diversi dimostranti arrestati nel settembre 1864 e detenuti a Torino e a Genova, malgrado che il re Vittorio Emanuele II avesse concesso l’amnistia, vennero deportati e arruolati a forza nell’esercito argentino tra il gennaio e il febbraio del 1866. Al tempo era in corso una feroce guerra da parte di Argentina, Brasile e Uruguay coalizzati contro il minuscolo stato del Paraguay.
Studiando questo conflitto, il ricercatore Marco Fano ha trovato una lettera, spedita dal console italiano di Montevideo al generale Lamarmora, presidente del consiglio e ministro degli esteri nella capitale Firenze, per segnalargli che il comandante del brigantino genovese “Emilia” aveva ammesso di aver trasportato 138 prigionieri italiani deportati per essere arruolati a forza in Argentina: di questi 72 erano dimostranti arrestati a Torino nel settembre 1864. Di loro non si seppe più nulla e quasi di certo morirono nella guerra contro il Paraguay.
Giulio Taneschia