Sérisoles/Ciresòle, ovvero Ceresole Reale, piccolo Comune dell’alta montagna piemontese con poco più di 150 residenti. Lo stemma comunale, in uso da un secolo, «non corrisponde alle norme vigenti in materia». La nostra montagna muore, ma l’italia ribadisce che lassù tra gli stambecchi è ancora “cosa nostra” e i simboli devono essere tutti eguali. E chi decide il nuovo simbolo di Ceresole? Ma certo: Roma, dove opera anche un “Ufficio Araldico della Presidenza del Consiglio”. E chi è interessato a rimettere Ceresole sui giusti binari della costituzione-più-bbella-del-mondo? Ma è ovvio, il sindaco, che in Piemonte è – nella stragrande maggioranza dei casi – il luogotenente diretto di Roma, il controllore, il podestà, la cui elezione è eterodiretta dalle segreterie dei partiti.
Dunque, il signor sindaco Andrea Basolo, lo scorso 27 Gennaio, ha voluto portare alla votazione del Consiglio comunale l’approvazione di un nuovo stemma, a sua volta già approvato (e addirittura disegnato) nella “capitale”. Per capire il perché basta guardare lo stemma attuale : la Croce di Savoia e la corona.
Si dice che in Piemonte non diamo troppa importanza ai simboli; e sarebbe un male, perché quelli che vogliono cancellare il Piemonte, invece, riservano loro un’attenzione maniacale, costellata da piccole stelle massoniche sui monumenti, dal sistematico smantellamento della toponomastica tradizionale e dall’occultamento della bandiera piemontese. Evidentemente non è troppo vero, poiché a quanto pare il pubblico ha partecipato con passione alla seduta del 27 scorso. Un Consiglio “all’italiana” secondo quanto riferisce il gustoso articolo de La Voce: il nuovo simbolo non lo poteva valutare nessuno, il sindaco non lo aveva neanche portato con sé perché non era necessario. E all’italiana la si voleva risolvere: approviamo il nuovo stemma, poi continuiamo a utilizzare quello vecchio.
Democrazia diretta? Rispetto delle radici? Roba da svizzeri. Qui stiamo in italia.
Com’è finita? L’irritato sindaco è rimasto con il cerino in mano, si è votato da solo la sua delibera. Così ha dimostrato fino in fondo di essere un corpo estraneo al paese.
Per ora la questione si è risolta con dignità. Nulla a che vedere con le giunte oniriche di Campiglia Cervo, Quittengo, San Paolo Cervo, Crosa, Lessona, Seppiana e Viganella. Nulla a che spartire con le giunte “collaborazioniste” degli anni Novanta di Colcavagno, Montiglio, Scandeluzza, Mosso Santa Maria e Pistolesa. Nulla a che fare con il delirio di queste settimane a Camagna e a Casale. Meno che mai con le folli imposizioni di Leynì. Fin’ora gli abitanti di Ceresole Reale hanno rifiutato di adeguare il proprio paese agli inutili e assurdi diktat di questo stato straniero sempre più arrogante e disfunzionale.