Lodevole iniziativa dei consiglieri Gancia e Benvenuto al Consiglio Regionale del Piemonte: la presentazione di un nuovo Ordine del Giorno sull’«Inserimento della lingua Piemontese all’interno della legge 15.12.1999 n. 482 “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche». La nuova discussione in Consiglio avrà il merito di riportare all’attenzione il problema sempre aperto del disinteresse e della codardia dei nostri amministratori regionali riguardo la tutela della lingua minoritaria più parlata in Piemonte, criminalmente discriminata e trattata come un’espressione di sottocultura. Come se noi Piemontesi discendessimo da un branco di bruti che comunicavano a versi.
Quasi sei anni fa la corte costituzionale proibì l’utilizzo della lingua piemontese (se non come fatto privato), manifestando palesemente l’atteggiamento ostile e razzista dello stato italiano contro i Piemontesi, nonché la sua strutturale avversione alle differenze e la sua volontà assimilatrice e livellatrice. Questa sentenza ha quindi ufficialmente sancito l’incompatibilità dell’identità piemontese con l’idea di “Italia” – e bisogna essere ciechi o in completa malafede per non accorgersene.
Dalla Regione Piemonte ci si sarebbe dovuto aspettare una ferma opposizione, una proposta alternativa, una battaglia parlamentare, delle misure sostitutive per non cambiare nella sostanza il sostegno alla prima lingua storica del Piemonte. Non è avvenuto nulla di tutto ciò. La Regione ha semplicemente preso atto della sentenza e ha censurato la lingua piemontese dalla propria legislazione secondo i desiderata dei loro “superiori”. Noi non abbiamo quindi alcuna fiducia nella Regione Piemonte.
Da allora il piemontese è l’unica lingua minoritaria del Piemonte che non ha alcun riconoscimento né sostegno da parte delle istituzioni: come se non fosse mai esistita, come se nessuno l’avesse mai parlata. In sei anni tutte le proposte di legge non sono state nemmeno discusse; anzi, si sono mescolate le carte presentando testi legislativi confusi e inconcludenti. L’insegnamento del piemontese è sparito dalle scuole, i corsi si sono diradati, nessuna iniziativa importante è stata più intrapresa, gli uffici regionali sono diventati inutili e sono stati accorpati.
In sei anni possiamo aver perso 150.000 parlanti, tre volte la città di Cuneo, più del doppio di tutti i Piemontesi che parlano occitano/provenzale, francoprovenzale e tedesco walser messi assieme. E i nostri rappresentanti eletti? Manichini, inutili segnaposto che aspettano ordini dalle segreterie dei partiti per non compromettere la propria carriera.
D’altronde chi pecora si fa il lupo se la mangia e la Regione Piemonte è ormai un ente in smobilitazione sempre più svuotato di competenze dalle imposizioni di Roma, alle quali non ha né il coraggio né la forza di opporsi. Le stanno facendo l’eutanasia e fra pochi anni sarà ridotta ancor più a un’inutile appendice dello stato: uno stipendificio e un semplice ammortizzatore sociale. Questo perché è un ente senz’anima, nato morto, e volontariamente inconsapevole della propria importanza, delle ricchezze e delle potenzialità del territorio che amministra, dove i pochi cervelli dotati della corazza della coscienza e della lungimiranza annegano in un mare magnum di mediocrità, di conformismo e di codardia.
Questo Ordine del Giorno riporterà in Consiglio il vecchio caso della discriminazione dei Piemontesi in Piemonte. Proviamo a fare i veggenti? Risponderanno (se mai lo faranno) che la tutela del piemontese è incompatibile con la legislazione “nazionale”, qualcuno interverrà per gettare confusione parlando del dialetto di Alba e di quello di Briga Alta e tutto verrà rimandato a discussioni successive da svolgersi nella sman-a dij tre giòbia. L’ultima volta che abbiamo incontrato l’assessore alla cultura ci ha dedicato un quarto d’ora e ci ha dato appuntamento per il mese dopo; dopo di che è passato più di un anno senza avere notizie.
D’altronde se la Regione ci teneva alla lingua piemontese aveva soltanto da assumersi degli impegni concreti e da destinare alla sua difesa le stesse energie che butta dentro all’arte contemporanea. I Piemontesi non sono scemi.
A questo nuovo appuntamento in aula saremo presenti e non staremo zitti. Vediamo cosa avranno il coraggio di rispondere.
5.12.2015