Chi non ha vissuto quegli anni forse non potrà mai rendersi conto fino in fondo quanto significasse il sogno di quella squadra per i Piemontesi, appena usciti da una guerra devastante, e che cosa fu la sciagura di Superga del 4 maggio 1949.
Il Grande Torino, la squadra di calcio più forte del mondo, aveva trascinato l’entusiasmo vincendo tutto, spandendo sogni, speranze e passioni. Cinque scudetti consecutivi (dal 1942-’43), il massimo punteggio in classifica (65 punti nel 1947-’48), la vittoria casalinga con più alto punteggio (10-0 contro l’Alessandria nel 1947-’48), la vittoria in trasferta con più alto punteggio (7-0 a Roma nel 1945-’46), il più alto numero di partite vinte in casa (19 su 20 nel 1947-’48), il maggior numero di punti conquistati in casa (39 su 40 nel 1947-’48), il maggior numero di reti in campionato (125 nel 1947-’48), il record di giocatori in nazionale (10, l’11 maggio 1947).
Erano dei campioni sotto ogni punto di vista, lontani dal divismo dei nostri giorni, che incontravano i tifosi al caffè e sul tram, discorrevano e discutevano con loro amichevolmente e che ai campionati del mondo del 1950 avrebbero confermato tutto il loro valore.
Invece morirono tutti insieme il 4 maggio del 1949, di ritorno da Lisbona dove avevano giocato un’amichevole di beneficenza col Benfica, quando l’aereo che li riportava a casa fu colto dal violento temporale che stava facendo danni in tutto il Piemonte. Alle 17 e 5, mentre si apprestava a sorvolare la collina di Superga prigioniera in una nebbia fittissima, forse a causa di un guasto all’altimetro, l’aereo si schiantò sul terrapieno della Basilica. Non sopravvisse nessuno, morirono 18 giocatori, tre allenatori, tre dirigenti della squadra, tre giornalisti al seguito e i quattro membri dell’equipaggio.
Una catastrofe immensa che colpì profondamente tutta la popolazione. Ai funerali, il 6 maggio in piazza Castello, c’erano 500 mila persone, praticamente tutta Torino.
La FIFA riconobbe il 4 maggio “giornata mondiale del gioco del calcio”. La “tragedia di Superga” si sovrappose pesantemente alla simbologia di Superga, lasciando una ferita aperta e un velo di angoscia. Per questo e per il rispetto che dobbiamo a questi campioni che tanta forza e speranza diedero ai nostri padri e ai nostri nonni, le celebrazioni di Superga della Festa nazionale degli Stati di Savoia hanno sempre previsto un momento dedicato al loro ricordo.
Dall’anno scorso questo momento è curato dal C.A.S.T. 1983 (Club Amici Sostenitori Toro), lo storico club che sostiene il Toro ovunque, anche in trasferta e in tutta Europa, a prescindere da risultati e categorie. Il C.A.S.T. 1983, presente nel primo anello Maratona dello Stadio Olimpico torinese, è inoltre il gruppo che periodicamente si occupa, in maniera volontaria, della manutenzione della lapide collocata a Superga nel luogo dove morirono tutti i giocatori del Grande Torino.
Il C.A.S.T. 1983, che l’anno scorso era presente a Superga nonostante un incendio doloso avesse appena distrutto la sua sede (che condivideva nell’àmbito del Circolo dei Beni Demaniali, alla Cavallerizza Reale) porta un motto significativo nella nostra lingua: «SOMA IJ MEJ». E nella nostra lingua avrà il piacere di ACCOMPAGNARCI NEL POMERIGGIO DI DOMENICA 6 SETTEMBRE NEL RICORDO DI QUELLA SQUADRA UNICA che non tornò più a casa quel triste pomeriggio di 66 anni fa.