Turin. Il Vallo Adriano

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parcheggio-piazza-adrianoSul brutto e pericoloso bunker spuntato in piazza Adriano non c’è nulla da aggiungere rispetto all’inchiesta pubblicata sul prezioso sito www.cultorweb.com, dove si trova anche un’esaustiva documentazione fotografica di rara precisione relativa alla costruzione del parcheggio privato sotterraneo.

A noi non resta che il compito di indicare la strada che porta ad una sempre maggiore presa di coscienza dell’identità del nostro Torino, ricordando in breve la storia recente di piazza Adriano. Tanto per renderci conto di non vivere in una città virtuale.

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Boringhieri, o la Barriera del Foro Boario

Forse non tutti ricorderanno che fino agli anni Cinquanta del Novecento in mezzo a corso Vittorio, proprio al posto dell’attuale piazza Adriano, c’era un grande edificio rosso. Arrivando da Porta Nuova, per raggiungere piazza Rivoli e corso Francia bisognava farci il giro attorno, passando per quello che allora era largo Adriano. L’edificio (e tutta questa parte della Borgata Cenisia – anche se non c’è neanche un cartello che lo ricordi) si chiama Boringhieri.

La Birraria Boringhieri al centro dell'attuale piazza Adriano (dal volume "Svizzera-Piemonte, un confine che unisce": i Boringhieri sono di origine elvetica)
La Birraria Boringhieri al centro dell’attuale piazza Adriano (dal volume “Svizzera-Piemonte, un confine che unisce”: i Boringhieri sono di origine elvetica)

Nell’Ottocento Torino era la città dei birrifici e delle birrerie, per tradizione e per purezza delle acque. Questo era lo stabilimento di produzione della Boringhieri & C., che nel parco vicino gestiva anche una birreria ristorante, meta delle passeggiate domenicali, soprattutto in estate, quando i Torinesi vi andavano a prendere il fresco e a bere un boccale appena spillato. Il  palazzotto, con torretta e tre grandi serbatoi color argento, era stato inaugurato nel 1876.

Dopo le "Neuve", il mattatoio e il foro boario corso Vittorio si interrompeva di fronte alla Boringhieri (AA.VV., Mille saluti da Torino, Il Capricorno 1990)
Dopo le “Neuve”, il mattatoio e il foro boario corso Vittorio si interrompeva di fronte alla Boringhieri (AA.VV., Mille saluti da Torino, Il Capricorno 1990)

Una bella costruzione, a ridosso della cinta daziaria che correva sull’asse dell’attuale corso Ferrucci; dietro c’era l’aperta campagna, le cascine, i monasteri. Corso Vittorio alla fine dell’Ottocento terminava proprio di fronte al “castello” rosso di Boringhieri. Purtroppo l’avanzata della città lo fece trovare proprio in mezzo al più importante boulevard torinese. Già nel 1886 il Comune aveva deliberato il prolungamento di tutti i viali fino ai limiti della città per dare un ordine nelle nuove costruzioni; la sparizione della Boringhieri era già prevista dai piani regolatori di inizio secolo.

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Negli anni ’20 si cominciò a parlare apertamente della sua demolizione, cominciando col proibire alla Boringhieri le tettoie della “birraria” (ritenute indegne del decoro cittadino – sic!) e costringendola così a chiudere la rivendita. La progettata demolizione non avvenne che alla fine degli anni Cinquanta, quando l’edificio fu acquistato/espropriato dal Comune. Nell’occasione fu anche spostato il peso pubblico che si trovava all’angolo fra corso Vittorio e corso Ferrucci. Da tempo Boringhieri non produceva più birra ma lievito per il pane. Fonti orali ricordano comunque che negli ultimi tempi nel parco di Boringhieri i vecchi torinesi andavano ancora a ballare.

1956: simulazione del completamento dell'asse di corso Vittorio con l'abbattimento di Boringhieri (La Stampa)
1956: simulazione del completamento dell’asse di corso Vittorio con l’abbattimento di Boringhieri (La Stampa)

Ci rendiamo conto: non si può pretendere la ricostruzione di un edificio industriale in mezzo a un corso. Tuttavia siamo concordi con il compianto prof. Carlo Alberto Piccablotto quando scriveva che l’imperatore Adriano con Torino c’entra come i proverbiali cavoli a merenda. Perché non rimuovere questa denominazione di matrice fascista e sostituirla con un ben più appropriato e rispettoso “Boringhieri”? Tanto più che questa famiglia torinese di origine svizzera si è messa in evidenza, dal 1957 al 1993, anche nel campo dell’editoria.

(NoiAmiamoTurin, 2011)

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