Il Palazzo Reale di Torino, un prezioso tesoro nel cuore della città

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Il Palazzo Reale di Torino è stato il cuore politico, amministrativo, culturale ed economico della città per tutto il periodo che va dal Medioevo fino al 1864, quando Torino perse il titolo di capitale.

Una storia che affonda all’inizio della storia di Torino, e che ci porta alla città medievale: qui, il palazzo del Vescovo era di fatto l’antenato dell’attuale palazzo Reale. Fu solo dal Cinquecento che il Palazzo Reale di Torino iniziò a caratterizzarsi come il centro anche politico, in quanto Emanuele Filiberto, spostando la capitale, volle qui risiedere, dando ordine di abbellire e trasformare l’antica dimora vescovile che venne, da allora, spostata a Palazzo San Giovanni.

Carlo Emanuele I, figlio di Emanuele Filiberto, diede ordine di trasformare radicalmente il palazzo: dopo un concorso bandito tra gli architetti piemontesi, affida ad Ascanio Vittozzi l’opera, successivamente completata da Carlo e Amedeo di Castellamonte: i due architetti, padre e figlio, trasformarono la facciata con la creazione dell’impianto che ancora oggi si può ammirare. Carlo Morelli, sotto la reggenza di Cristina di Francia, opera lo “sbiancamento” della facciata.

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Uno dei due “dioscuri” della cancellata ottocentesca

I secoli successivi furono gli anni di maggior sfarzo e bellezza del palazzo: con i regni di Carlo Emanuele II, Vittorio Amedeo II, Carlo Emanuele III e Vittorio Amedeo III la reggia acquistò un’importanza e una bellezza che la facevano rivaleggiare con quelle più importanti d’Europa. Decisivo fu l’intervento architettonico di Filippo Juvarra, chiamato a Torino da Vittorio Amedeo II, al quale è ad esempio da ascrivere la famosa Scala delle Forbici, che collega il primo al secondo piano nobile, e il Gabinetto Cinese, dove si manifesta il gusto per l’esotismo. Allorché Juvarra partì per Madrid (dove poi morirà), i lavori del palazzo vengono intrapresi da Benedetto Alfieri, che opera nelle Sale degli Archivi e che opera profondamente per completare il secondo piano nobile.

Nell’ambito della pittura, tra Sei e Settecento il palazzo venne decorato da alcuni dei migliori artisti dell’epoca: da Charles Dauphin e Jan Miel a Daniel Seiter, pittore austriasco che si trasferì a Torino (e qui morì nel 1705) che affrescò la celebre galleria che ancora oggi porta il suo nome.

La Rivoluzione Francese ebbe come risultato la devastazione del Palazzo, che venne saccheggiato dopo la tristissima giornata dell’8 dicembre 1798, quando Carlo Emanuele IV dovette lasciare Torino, rinunciando alla sovranità sui territori piemontesi. I francesi non ebbero rimorsi a spogliare la reggia, mentre grandi capolavori prendevano la strada della Francia.

La facciata della "Manica Nuova", oggi sede della Galleria Subalpina
La facciata della “Manica Nuova”, oggi sede della Galleria Subalpina

Gli interventi architettonici dell’Ottocento, al ritorno dei Savoia dall’esilio, hanno avuto come protagonisti Carlo Randoni e Giuseppe Battista Piacenza ma, soprattutto, Pelagio Palagi, che operarono per la trasformazione del primo e del secondo piano nobile e che contribuirono al gusto neoclassico di molti ambienti. Al Palagi è da attribuire anche la maestosa cancellata che divide la piazzetta Reale da piazza Castello. Nel 1862 Domenico Ferri realizza l’imponente scalone d’onore, che doveva impressionare il visitatore e giustificare con la nuova potenza dei Savoia, diventati Re d’Italia.

L’ultimo, grande intervento nel palazzo è quello per la realizzazione della cosiddetta Manica Nuova, costruita in stile neo-rorocò ove sorgeva l’antico palazzo del vescovo. I lavori per la sua costruzione hanno permesso di portare alla luce l’antico Teatro Romano di Torino, che per volere dire Umberto I venne lasciato visibile. L’ultimo splendore del palazzo è da ascriversi agli anni ’30 del Novecento, quando il principe di Piemonte Umberto e sua moglie Maria José si trasferirono a Torino: la storia, però, non avrebbe permesso a Umberto II di visitare ancora la città in qualità di re d’Italia.

(NoiAmiamoTurin)

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