Il mostro sotto la Mole

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Una residenza di lusso alta sette piani… all’angolo tra via Riberi e via Gaudenzio Ferrari, “sotto”, ma proprio sottola Mole Antonelliana. Lo stabile cancellerebbe l’unico angolo, fra il dedalo di vie strette che si snoda ai suoi piedi, da dove l’illustre monumento torinese può essere ammirato per intero.Sembra incredibile, ma quando c’è di mezzo il Comune di Torino sono fatti che possono accadere davvero. La ragione? L’ha rivelata chiaramente l’assessore Viano: “fare cassa”.Nel 2008 il Comune aveva messo all’asta il terreno, dove oggi sorge un basso fabbricato. Nel 2009 gli uffici di tutela dei beni architettonici avevano invitato il Comune a salvaguardare l’area, definita di valore storico e ambientale. Nel 2010 gli stessi uffici si sono invece espressi favorevolmente alla costruzione di un palazzo di sette piani, e addirittura si è proceduto per l’occasione a una “variante” al piano regolatore. «È una speculazione edilizia inaccettabile, che soffocherà per sempre l’immagine icona della città», è stato il commento lapidario del Comitato “Salviamo la Mole”, costituito ad hoc.A fine luglio 2011 la Soprintendenza ha bocciato ll progetto perché incompatibile con la tutela dell’isolato e la morfologia della zona, ma le parole dell’assessore all’Urbanistica Ilda Curti riportate da La Stampa suonano minacciose: «… riprenderemo in mano la vicenda con rapporti meno formali e più sostanziali. Con il sindaco, penseremo se fare ricorso al Tar, perché da parte nostra c’è sempre stata la massima trasparenza».

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La Mole Antonelliana

mole-copyCi sarebbe anche da eccepire sulla Mole Antonelliana e sul genio eccessivo di Alessandro Antonelli (Ghemme 1798 – Torino 1888), ma non ne è questa la sede. In fondo La Mòle è il ritratto di un’epoca e una delle caratteristiche più conosciute (anche se non la più importante) di Torino. La sua presenza maestosa e allo stesso tempo discreta è un po’ uno specchio dello spirito turinèis. Vertiginosa se vista dalla terrazza del Monte dei Cappuccini, i Torinesi fino a non molto tempo fa ormai non alzavano neanche più lo sguardo nel percorrere la stretta via Montebello; almeno fino a quando il luna park comunale di bandiere e striscioni del rinnovato Museo del Cinema non ha sostituito l’unico e misero cartello arrugginito che ne segnalava la presenza al di sotto dei due metri e mezzo.

Quanto all’architetto, forse era un tantino eccentrico. Il suo stile fra il neoclassico e il neogotico contrastava con la sua tendenza “distruttiva” che, purtroppo, in parte gli è stato permesso di sfogare. Atterrò il Duomo di Novara – uno dei più notevoli monumenti romanici del Piemonte – e la parrocchiale barocca di Castellamonte; la stessa sorte sarebbe toccata alla Cattedrale di Casale se non lo avessero fermato in tempo; quanto a Torino, non avrebbe esitato ad abbattere Palazzo Madama, sostituirlo con un tempio neoclassico e trasportarne la facciata juvarriana ai Giardini Reali. Una megalomane “archistar” ante-litteram, insomma, con tanto di interessi immobiliari in Borgo Vanchiglia – ma con la sostanziale qualità di sapere disegnare cose belle. Torino è costellata di invenzioni architettoniche antonelliane, le cui denominazioni di alcune costituiscono già tutto un programma: la casa triangolare, la casa senza finestre, la fetta di polenta…

Nel 1860 la comunità ebraica di Torino acquista un piccolo appezzamento in Contrà dël Canon d’Òr (oggi via Montebello, sul luogo che fu già bastione delle fortificazioni) per costruirvi la propria sinagoga e la propria scuola. Le disposizioni del bando sono rigide e al concorso sono scartati tutti i progetti presentati. La committenza sottopone allora il problema all’Antonelli (e avrà poi tutte le ragioni per pentirsene) che in breve tempo presenta il progetto di un edificio di 47 metri di altezza che, grazie alle sue avveniristiche tecniche di costruzione, è capace di soddisfare le richieste. Ma, quando nel 1863 iniziano i lavori l’architetto ha già portato alcune variazioni al progetto e durante il prosieguo si manifestano sempre più le sue intenzioni di non rispettare neanche il disegno approvato dal consiglio edilizio. La furtiva sostituzione dei disegni diviene la regola, fin quando l’edificio si eleva a 113 metri. Quando la comunità ebraica si rende conto delle proporzioni assunte dall’impresa la situazione è ormai fuori controllo. Antonelli accampa pretesti tecnici; nel 1869 la committenza fa collocare un tetto in cima e chiude il cantiere per mancanza di fondi (molti ebrei hanno lasciato Torino dopo il trasferimento della Capitale), e chiede al Comune di intervenire, anche per valutare la stabilità della struttura.

La Mole Antonelliana in costruzione (fotografia di Giacomo Brogi)
La Mole Antonelliana in costruzione (fotografia di Giacomo Brogi)

Da quel momento si susseguiranno perizie, se ne valuterà seriamente la demolizione (a partire dal ’71), si istituiranno sottoscrizioni pubbliche per riprendere i lavori. La comunità ebraica decide di erigere un’altra sinagoga (che sarà quella attuale, in via San Pio V – oggi piazzetta Primo Levi – su un terreno comunale che verrà concesso quando il Municipio rileverà il cantiere) ed offre al Comune di prendere in carico l’edificio per un prezzo contenuto. Bisogna ancora attendere fino al 1877 quando sotto la pressione dell’opinione pubblica, coordinata dal “Comitato Tutelare del Monumento Antonelli”, il Comune ne delibera l’acquisto. L’anno successivo, dopo nove anni di abbandono, il cantiere riapre, con l’intenzione di dedicare la Mole a Vittorio Emanuele II. Alla fine del 1880 Antonelli ha nuovamente sostituito il progetto con un elaborato volutamente vago, che impiegherà sei mesi ad ottenere l’approvazione. All’Esposizione del 1884 precisa i disegni della cuspide di un edificio ormai alto 146 metri, che otterranno l’approvazione nel 1886. Ma un anno dopo l’ingegnere capo del Municipio si accorge che l’architetto nuovamente non sta rispettando il progetto; convocato dal Sindaco, Antonelli rivela il nuovo disegno di un monumento alto 153 metri, che tuttavia non viene contestato poiché non supera il budget previsto.

Il 23 febbraio 1887 un violento terremoto mette alla prova la staticità della Mole e convince l’Antonelli ad apportare modifiche strutturali. All’inizio del 1888, l’ultima modifica: il “Genio Alato dell’Augusta Stirpe Savoina” sulla guglia, che porta l’altezza complessiva a 163,35 metri.

mole-1904bAntonelli, che fino all’ultimo si è fatto issare con una carrucola per controllare i lavori, muore novantenne il 18 ottobre di quell’anno, lasciando alla città un monumento a sé stesso. Terminata dal figlio Costanzo, inaugurata nel 1889 con allestito all’interno il museo del risorgimento, la Mole Antonelliana è l’edificio in muratura più alto d’Europa. Annibale Rigotti ne decora gli interni dal 1905 al 1908. Alla fine dell’Ottocento è anche uno dei primi monumenti illuminati con fiammelle a gas di città.

L’11 agosto 1904 un fulmine colpisce il genio alato sulla guglia durante un nubigragio, rovesciandolo sul terrazzino di sotto. Per motivi di sicurezza viene sostituito da una stella, che porta l’altezza dell’edificio a167,50 metri.

La Mole Antonelliana troncata dal tornado del 23 maggio 1953
La Mole Antonelliana troncata dal tornado del 23 maggio 1953

A partire dal 1931, con il Museo trasferito a Palazzo Carignano, si intraprendono lavori di consolidamento, con l’inserimento all’interno di rinforzi in cemento armato, poi posti sotto accusa per avere ridotto le possibilità di oscillazioni elastiche dell’edificio (e in parte rimossi durante l’ultimo restauro).

Scampata miracolosamente ai bombardamenti anglo-americani che distruggono gran parte dell’area intorno, il 23 maggio 1953 la Mole è investita da una tromba d’aria che ne abbatte la guglia facendone precipitare gli ultimi 47 metri nel giardino sottostante. Tra il 1958 ed il 1961 la cuspide viene ricostruita, ma con una struttura metallica rivestita in pietra, tecnica che fa perdere alla Mole il primato di edificio in muratura più alto d’Europa in favore di un’altro monumento antonelliano e piemontese: la Cupola di San Gaudenzio a Novara.

Negli anni Ottanta il monumento viene finalmente ripulito e, dal 1996 al 1999, la Regione e il Comune intraprendono un restauro architettonico e strutturale completo per rendere possibile l’allestimento all’interno (2000) del Museo del Cinema (fondato da Maria Adriana Prolo fra il 1941 e il 1958), chiuso da ormai quindici anni.

Vista dalla terrazza del Monte dei Cappuccini
Vista dalla terrazza del Monte dei Cappuccini

(NoiAmiamoTurin, 2011)

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