Immaginate di vivere a Torino, la più bella città del mondo. Magari nel cuore del centro, in via Bellezia, un’antica contrada stretta e dritta, che un tempo collegava Pòrta Palass alla Cittadella e che, dopo l’abbattimento delle fortificazioni, con il nome di via abate Botero sbocca in piazza Solferino, tagliando Doragrossa (“via Garibaldi”). Dopo il suo risanamento è una via sempre più ambìta, densa di storia e di identità torinese.
Immaginate di essere un vero Torinese, che ama la propria città e che sa apprezzarne ogni zona. Quale potrebbe essere uno dei vostri peggiori incubi notturni?
Nell’immediato secondo dopoguerra l’aumento del traffico automobilistico rivela quale uno dei punti nevralgici – e maggiormente pericolosi – l’incrocio di piazza Solferino. Colà si incontrano via Cernaia, via Pietro Micca, Via Santa Teresa, via Botero e la stessa piazza Solferino, quasi un prolungamento di corso Re Umberto. Negli anni Cinquanta non ci sono ancora ZTL, zone blu, sensi unici e vie pedonali; aggiungete la confluenza di sei linee tranviarie e fatevi un’idea di cosa poteva essere quella piazza in una città dove attraversare il centro era assai più nella logica rispetto ad oggi.
Che fare? Domanda molto pericolosa, se rivolta al Comune di Torino…
Nel 1947 il Comune bandisce un concorso per la risistemazione urbanistica di piazza Solferino. Il progetto vincitore prevede di allungare la piazza mediante l’allargamento del primo tratto di via Botero, con il conseguente sventramento dei vecchi edifici, fra i quali la casa Maggia del Grand Hotel Fiorina, con il suo caratteristico avancorpo tondeggiante, che dovrà essere ricostruita allineata a via Rodi. Si prescrive anche la trasformazione del lato nord-est di piazza Solferino, di fronte alla fontana, in… parcheggio.
“Fortunatamente” qualcuno ha interesse a costruire in fretta alcuni edifici di altezza elevata sui siti bombardati, per cui nel concedere – in deroga alle norme – l’autorizzazione a costruire il “grattacielo” di piazza Solferino, il Comune deve altresì permettere la ricostruzione di casa Maggia, sinistrata dalla guerra.
Fra il ’52 e il ’53 si rispolverano i progetti di modifica della viabilità dell’attraversamento del centro, e questa volta pare si faccia “sul serio”: casa Maggia dovrà essere abbattuta e ricostruita in forma ridotta per permettere l’allargamento di via Botero, così come dovrà venire ridotto anche il bellissimo palazzo delle Assicurazioni Generali dirimpetto. Le facciate dei due edifici andranno unite e, sotto di queste, un portico unico dovrà delimitare piazza Solferino. Il futuro prevede proprio lì il passaggio di una grande strada di comunicazione!
Nell’ottobre del ‘55, dopo cinque anni di faticosi studi, il Comune si appresta a discutere il nuovo piano regolatore inglobante i piani di ricostruzione e “nuove soluzioni basate su di un moderno e rinnovato regolamento edilizio”. Presidente della commissione è il liberale Roberto Cravero, il sindaco è Amedeo Peyron, democristiano. La ricetta? Creare “in tutti una coscienza urbanistica”.
Viene rivelata l’intenzione di sventrare l’area di Porta Palazzo e di allargare via Porta Palatina per farla diventare un’ampia via di sbocco. Quanto a via Bellezia/via Botero… sarà allineata a corso Vercelli, destinata a convogliare il traffico di Porta Palazzo verso piazza Solferino sgravando piazza Emanuele Filiberto e consentendo di far diventare via Milano una “via di passeggio domenicale”. Via Bellezia, in certi punti larga poco più di tre metri, sarà portata a 24.
Già, perché fino a Doragrossa (“via Garibaldi”), proveniendo da Porta Palazzo, sarebbero stati arretrati (cioè demoliti) gli edifici sulla destra. L’ultimo isolato sacrifica entrambi i lati per formare un’altra piazza con Doragrossa stessa. Da qui in poi saranno morsi dalle ruspe tre isolati sulla sinistra; un “colpo di genio” che permette di salvare la Chiesa dei Santi Martiri e due palazzi “monumento nazionale”. Che brutta fine per quelle povere case, alcune costruite ancora su fondamenta di epoca romana e medievale, e per i reperti che giacciono lì sotto. Sparirà tutto quel vecchiume, l’area archeologica, Via delle Tre Galline, via Borgo Dora e il Balon, la zona dell’Arsenale e via Andreis, probabilmente l’antico anfiteatro romano di Augusta Taurinorum.
La piazza derivata dall’abbattimento di casa Maggia – e di tutto l’isolato di via Pietro Micca fra via Botero e via San Francesco d’Assisi – e dall’arretramento di 16 metri del palazzo delle Assicurazioni di Venezia si estende ora fino a via Bertola; però (che stile) è tutta porticata. Così si arriva velocemente in piazza Solferino, e via! verso il futuro… fra due ali di alti palazzi stile anni Cinquanta che convogliano nuvole di smog prodotto dal traffico proveniente da Milano e diretto verso Mirafiori…
Sveglia, è soltanto un brutto sogno…
Ricordate la saggezza di quel vecchio proverbio torinese: j’ordo ‘d Turin a duro da la sèira a la matin. E quando cercherete inutilmente di attraversare il centro da nord a sud, e magari resterete imbottigliati in via Cigna perché nessuno a Torino è mai stato capace di sincronizzare due semafori in fila, non arrabbiatevi; non inveite contro i sindaci, le giunte, i cìvich e le ZTL, che tanto non serve a niente. Piuttosto, con molta calma ed esercitando la virtù della pazienza, fate una deviazione, svoltate in corso Regina, evitate quella canna fumaria del “sottopasso Repubblica” e fermate la macchina nel parcheggio sotterraneo che ha distrutto piazza Emanuele Filiberto, e poi risalite a piedi via Bellezia, e godetevela. Il vicolo delle Tre Galline, le finestre medioevali, l’antica piazzetta dij Minusié, i palazzi secenteschi. E, soprattutto, non dimenticate di andare ad accendere una candela in onore dei Santi Martiri protettori di Torino, Solutore, Avventore e Ottavio che, nel 1955, pur se la sontuosa chiesa a loro dedicata non rischiava nulla, sono ugualmente intervenuti per evitare alla loro ed alla nostra bellissima città questa ennesima barbarie.
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Gianfransesch Bëlessia fu l’eroico sindaco di Torino durante la grande pestilenza del 1630 che spopolò la città. Questo coraggioso torinese di 28 anni si oppose con ogni mezzo al dilagare del morbo, organizzando e dirigendo personalmente l’emergenza sanitaria con l’aiuto dei pochi collaboratori rimasti, quali il medico Giovanni Francesco Fiochetto e i frati del Monte dei Cappuccini. Contagiato a sua volta continuò il suo lavoro dalla sua casa oggi al civico 10 di quella che allora era la Contrà dla Dogan-a Neuva; dalla finestrella tuttora esistente (foto a sinistra) gli venivano passati i viveri durante la quarantena. Sopravvissuto miracolosamente al morbo, il Duca lo nominò avvocato generale della Città, e grande fu la riconoscenza dei Torinesi nei suoi confronti. Il vecchio palazzo di giustizia castellamontiano di via Corte d’Appello (Contrà dl’Erbo Fiorì) fu da lui inaugurato nel 1671. Morì il 13 marzo dell’anno dopo, al numero 4 della stessa via (a destra), che gli fu dedicata già nel 1807 (rue Bellezia fu la prima via di Torino dedicata a un personaggio, a testimonianza della memoria e della riconoscenza conservatasi fra i Torinesi di allora). Le spoglie del sindaco Bellezia sono nella chiesa dei Santi Martiri, nella cappella di San Paolo. Da notare, su entrambi gli edifici (il secondo è di proprietà comunale), la squillante mancanza di qualunque segno o lapide commemorativa…
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(NoiAmiamoTurin, 2011)