«Sorpresa» alla Cittadella: i permessi non ci sono

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Il muro del silenzio è crollato, non sono riusciti a tenere nascosto lo scempio della Cittadella sotterranea di Torino. La nostra petizione continua a crescere, ha superato le 2700 firme in quattro giorni, e ora i giornali ne parlano.

La novità di questa mattina la rivela Letizia Tortello sulla Stampa: la Soprintendenza non aveva ancora autorizzato in via definitiva il parcheggio interrato di Corso Galileo Ferraris, ma “soltanto” la parziale demolizione delle gallerie settecentesche.

Pare che queste fossero “pericolanti” (e a questo proposito vorremmo vedere i documenti che ne descrivono i rilievi). Di certo, portate in superficie dopo oltre trecento anni hanno deciso di sbriciolarsi, ma la colpa è della malta che non ha sopportato la temperatura esterna. D’altronde bastava lasciarle dov’erano, non erano state costruite per stare all’aria aperta.

La buona notizia è che l’ultima galleria ritrovata, costruita nel 1689, non potrà per ora essere abbattuta. Quelle del Settecento, invece, sì, ma questa è più antica di una decina d’anni o poco più (e il fatto deve avere di certo la sua rilevanza).

Stamattina la Soprintendente è andata a visionare per la prima volta i ritrovamenti. Speriamo sia stata favorevolmente impressionata, se non altro per la novità. Avete presente cosa significa farsi operare al cuore senza nemmeno fare prima un esame del sangue. Meglio tardi che mai, se non li chiama il Comune lo hanno fatto i cittadini; e poi dicono che non contiamo nulla.

Intanto è partita la prevista campagna di “svalutazione” delle opere rinvenute.

Gia ieri, sempre sulla Stampa, lo storico Gianni Oliva, nell’occasione anche archeologo, ha estremizzato lo scenario richiamandosi al “senso della misura” (come se chi difende i beni storici fosse un talebano): «Ma non tutta la rete (di gallerie) va conservata». Ma sì, distruggiamone pure una parte, cosa ce ne facciamo di tanta roba? Sulla scia di questa ipotesi: perché rinunciare ad “aree di parcheggio sotterranee moderne” a fianco del Colosseo, dell’abitato di San Gimignano, del sito di Stonehenge, del Partenone, nella Valle dei Templi? Scegliamo di conservare ciò che “vale” di più e sacrifichiamo il restante alla “modernizzazione”; ma sì, “modernizziamo” un po’ San Gimignano.

Curiosa – e dello stesso tenore – la dichiarazione rilasciata dalla Soprintendente ai beni archeologici: «non sempre si deve conservare ogni pezzo di muro antico» (…) «vengono dimenticati o addirittura riempiti di immondizia». Mah, se vengono dimenticati è colpa di un Comune che non è neanche in grado di collocare una segnaletica decente; per le nostre Giunte, si sa, ciò che precede il 1861 (e, in particolare, il 1948) non ha eccessiva importanza, salvo abbia le potenzialità di diventare una location cool, previo appalto per il recupero. Sul presunto utilizzo improprio dei beni archeologici come cestini portarifiuti rimaniamo perplessi, non avendolo notato a Zurigo, né a Stoccolma e nemmeno a Heidelberg. Chissà se il difetto è nel manico?

Il problema è che qui non siamo in presenza di quattro “muri”, ma di un sistema fortificato organico di cui si conosceva perfettamente lo sviluppo sotterraneo, anche se forse la Soprintendente era l’unica a Torino che ne ignorava l’esistenza.

E dire che il generale Ponso, direttore del Museo Pietro Micca, ben cinque anni fa ebbe la premura di segnalarlo: vox clamantis in deserto.

Oggi, scocciati e obbligati dal fatto che sia stato svelato lo scandalo, corrono ai ripari, e noi per ora ne siamo sinceramente contenti. Ottanta metri di galleria perfettamente conservati sono intanto spariti per sempre, ma l’autorizzazione “non è definitiva”… Mistero.

8.6.2015 


ComitatoPietroMiccawww.pietromicca.org | info@pietromicca.org | comitatopietromicca@libero.it | 3384334539 | 3392100604 | Gruppo FB Salviamo il patrimonio archeologico della città di Torino. La Cittadella

 Approfondimenti


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► Nel cantiere del parcheggio già distrutta una parte delle gallerie di Pietro Micca
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