Lo Stato italiano rifiuta nuovamente il riconoscimento alla lingua piemontese
«Lingua piemontese? No grazie»
«Lingua piemontese? No grazie», gongola il comunicato “ufficiale” ANSA, premurandosi di scrivere sempre fra virgolette l’espressione “lingua piemontese”. «La Consulta ha così accolto il ricorso della Presidenza del Consiglio dei ministri secondo la quale la legge regionale “eccede dalla competenza regionale” attribuendo alla “lingua piemontese” un valore “non solo culturale”. Ma la Regione Piemonte si è costituta in giudizio sostenendo che lo stesso Statuto riconosce alla Regione “il potere di tutelare e promuovere l’originale patrimonio linguistico della comunità piemontese, nonché quello delle minoranze occitana, francoprovenzale e walser” e che nella normativa impugnata l’espressione “lingua piemontese” andrebbe intesa come “qualsiasi altro bene artistico e culturale e come patrimonio linguistico da tutelare e valorizzare”». Questa considerazione del ricorso della Regione è debole e inconsistente: il piemontese non è lingua di serie B rispetto alle altre tre che si parlano in Piemonte. Già il distinguo “patrimonio linguistico/minoranze” non sta né in cielo né in terra, e implicitamente tende a stilare una “classifica” sulla scorta dei “suggerimenti” di Roma: è chiaro che prima o poi bisognerà intervenire anche sullo Statuto.
Ma il “piemontese”, prosegue l’ANSA, secondo il governo, “è solo un dialetto” e comunque la questione, in base all’articolo 117 della Costituzione è una questione attribuita alla esclusiva competenza dello Stato. Motivazioni che hanno fatto decidere i giudici per l’incostituzionalità, anche facendo notare che la tutela dell’identità culturale non consente al legislatore regionale un “potere autonomo” per identificare “una propria lingua oltre a quelle riconosciute e stabilite dal legislatore statale, come nel caso della legge 482 del ‘99 che consente alle regioni la stipula di convenzioni con la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo per trasmissioni nelle “lingue ammesse a tutela”, tra le quali, però, non è compreso il “piemontese”».
Il comunicato, tuttavia, omette la parte più interessante della sentenza, quella che afferma che «Le disposizioni impugnate sarebbero, in conclusione, costituzionalmente illegittime sia perché avrebbero esteso al “piemontese”, «che è solo un dialetto» («una variante cioè della lingua italiana rappresentativa di una cultura e di una tradizione sviluppatesi in una delimitata area geografica, senza però integrare un “gruppo etnico”») «la qualità» o «la natura di lingua minoritaria» («patrimonio di una minoranza etnica»); sia perché ad esso avrebbero attribuito «procedure e forme di tutela che la legge 482/1999 riserva alle sole lingue minoritarie individuate nell’art. 2».
In poche parole: se i Piemontesi – salvo trasferimenti di competenze – vogliono vedere riconosciuta la loro lingua con il suo nome, devono riprendere coscienza di ciò che sono, vale a dire «minoranza etnica» esattamente come i Sudtirolesi. Non c’è alcuna possibilità di scelta, né altra strada per proseguire in questa giusta rivendicazione del nostro diritto alla lingua; altrimenti continueranno a diffondere false informazioni quali «variante della lingua italiana rappresentativa di una cultura e di una tradizione sviluppatesi in una delimitata area geografica».
L’assessore Coppola: «Il piemontese è a tutti gli effetti una lingua»
«È parlata da almeno due milioni di persone, e annovera vocabolari, grammatiche e un’ampia letteratura». Lo dichiara l’assessore alla Cultura della Regione, Michele Coppola, affermando di non capire le ragioni per cui la Corte Costituzionale ha bocciato la legge. «Sono stupito perché in realtà in questi anni noi come Regione Piemonte abbiamo riconosciuto e tutelato la lingua piemontese, e anche lo Statuto regionale ribadisce questa volontà. C’è una legge regionale del Veneto che riconosce e tutela la lingua veneta. Faccio quindi fatica a comprendere le motivazioni per cui quella piemontese non debba essere altrettanto tutelata».
In realtà sia il “riconoscimento” del piemontese nello Statuto della Regione sia quello del veneto nella legge regionale richiamata dall’assessore sono espressi in maniera implicita, e la protagonista dei due testi rimane ancora la generica, incomprensibile e fumosa espressione “patrimonio linguistico”: il riconoscimento esplicito del piemontese nello Statuto venne accuratamente evitato proprio per mettersi al riparo da un contenzioso con lo Stato italiano.
Solo due giorni prima l’assessore aveva ricordato che la Regione «ha tentato anche la strada della proposta di legge al parlamento per chiedere di inserire il piemontese fra le minoranze linguistiche storiche da tutelare. (…) Il piemontese, si spiega nel documento, è parlato da metà dei quattro milioni di abitanti presenti sul territorio regionale, ed è capito da tre milioni di persone. Il dato, frutto di un’indagine fatta dall’Ires nel 2007, ne fa la minoranza linguistica maggiormente parlata in Italia. (…) È stata la lingua non di un municipio, ma dell’intero regno sabaudo. Ha quindi, si sostiene, “pieno diritto di cittadinanza nell’ambito di una legge di tutela”».
Il PD: «Il centrodestra autonomista a Torino e centralista a Roma»
«La decisione della Consulta, che ha dato ragione al governo dichiarando incostituzionale la legge regionale (…) evidenzia un paradosso, quello del centrodestra che gioca due parti in commedia: autonomista a Torino e centralista a Roma». Lo dichiara il capogruppo del Pd in Regione, Aldo Reschigna. «La legge è stata approvata dalla maggioranza di centrosinistra e dall’allora opposizione nell’aprile del 2009. In giugno è stata impugnata a nome del governo Pdl-Lega dal presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, sostenendo che il consiglio regionale non può legiferare a tutela di una lingua che per il governo è solo un dialetto e non è considerata dalla legge nazionale una lingua da tutelare. La Consulta ha dato ragione al governo. Il risultato è che la Regione non può tutelare il piemontese. Ancora una volta la Lega e il Pdl giocano due parti in commedia: a parole autonomisti e attenti alle esigenze delle tradizioni locali in Piemonte, in realtà centralisti e disinteressati alle richieste locali a Roma. Per risolvere il problema sarebbe bastato evitare il ricorso e introdurre il piemontese tra le lingue da tutelare, come avevano proposto i nostri consiglieri regionali. Si è preferito rivolgersi alla Consulta e far bocciare la legge. Alla faccia di ogni discorso di rappresentanza locale e delle legittime aspettative dei cittadini piemontesi».
Il presidente Cota: «Ripresenteremo una proposta di legge»
Il presidente della Giunta regionale del Piemonte Roberto Cota: «La Regione Piemonte non intende fermarsi di fronte alla bocciatura della Corte Costituzionale (…) Non possiamo fare altro che ripresentare una proposta di legge, che tenga conto dei rilievi della Corte Costituzionale, ma che vada fortemente a tutelare il piemontese, che noi consideriamo a tutti gli effetti una lingua».
Ci auguriamo che, piuttosto di tenere troppo in conto certi strumentali “rilievi”, la Regione voglia finalmente impegnarsi con determinazione nella battaglia contro la discriminazione dei Piemontesi, anche agendo a livello europeo, se necessario. Per tutelare il piemontese è indispensabile che ne venga riconosciuto lo status di lingua che gli spetta. La “tutela” ce l’aveva già prima, e si è dimostrata ampiamente insufficiente.
Il presidente Cattaneo, desolato, s’inchina deferente
Sconcertante la dichiarazione del presidente del Consiglio regionale Valerio Cattaneo. «Come piemontese e come presidente del consiglio regionale del Piemonte sono dispiaciuto, ma le sentenze della Corte Costituzionale non si commentano. Comunque, a parte lo specifico riferimento al piemontese come lingua, la nostra legge è salvaguardata (…) è una buona legge e resta vigente nella sua struttura». A parte che la nuova legge non era buona nemmeno prima (lo abbiamo già chiarito) e che ora è diventata proprio una schifezza, siamo noi ad essere “dispiaciuti” che il presidente creda che esista il dogma dell’infallibilità sulle sentenze della Corte costituzionale, tanto che non sarebbe neppure permesso commentarle. Se poi in una legge a tutela delle lingue del Piemonte viene (paradossalmente) a mancare proprio il piemontese… dettagli. Lo spettacolo deve continuare: tutti a far festa al Salone del Libro.
Marco Travaglini: «Il Piemontese è una lingua: è giunto il momento di modificare la legge 482»
«Meno di un anno fa, il 29 giugno del 2009, insieme alla collega Angela Motta, ho presentato in Consiglio regionale una proposta di legge al parlamento che aggiungeva il piemontese alla lingue delle minoranze storiche tutelate dalla legge 482 del 1999. Un’iniziativa analoga era già stata avviata da un gruppo di senatori piemontesi, con il sostegno della Gioventura Piemontèisa. Una proposta semplice, di un solo articolo, che oggi torna d’attualità (…) Secondo il governo, prima, e la consulta oggi, il piemontese è solo un dialetto e comunque la materia è di esclusiva competenza dello Stato. (…) Quindi, non resta che modificare la legge nazionale 482, affiancando il piemontese alle lingue e culture che la Repubblica tutela, cioè quelle delle popolazioni “albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il francoprovenzale, il friulano, il ladino, l’occitano, il sardo”». Così si esprime Marco Travaglini, uno dei presentatori della legge regionale che è oggi stata respinta dalla Corte Costituzionale.
«Stando ad un Rapporto dell’IRES del 2007, il piemontese è noto al 77 per cento dei residenti: in Piemonte vi sono 2 milioni di adulti in grado di parlarlo, mentre oltre un milione sono in grado di capirlo! Il piemontese è dunque la prima lingua minoritaria della Repubblica: oltre tre milioni di cittadini piemontesi parlano una lingua autoctona ben differenziata dall’italiano. A ciò si aggiunga che ben il 72,9 per cento afferma di essere favorevole all’insegnamento facoltativo della lingua piemontese nelle scuole (52,4 per cento «favorevole» e 19,5 per cento «abbastanza favorevole»).
Credo che sia giunto il momento di promuovere tutte le iniziative idonee a dimostrare che la lingua piemontese è di fatto parte integrante dell’insieme delle lingue regionali presenti nella Repubblica ed ha pieno diritto di cittadinanza».
(da Gioventura Piemontèisa, n. 1/2010)