Il tentativo di cancellare e di mistificare l’identità, la storia e la cultura del Piemonte, sradicando il sentimento di appartenenza e il senso di identificazione dei Piemontesi, si è snodato nel tempo attraverso diverse tappe: la traduzione della toponomastica (da Napoleone alla repubblica italiana), la censura della storia o la sua deformazione addomesticata (attraverso la scuola), lo sminuire e il folclorizzare l’importanza della lingua (tramite i media).
Non ultima, la tattica dello smembramento del territorio nazionale: giunto alla sua unità fin dal XVIII secolo, dal 1860 si è provveduto progressivamente a farlo a pezzettini (Savoia, Nizza, Lomellina, Oltrepò, Valle d’Aosta, Briga e Tenda), a frammentarlo in province che erano più che altro circoscrizioni elettorali, a soffiare sul fuoco dei campanilismi e sulla storica contrapposizione città/campagna per tentare di far nascere nuovi micronazionalismi e creare delle frontiere interne, anche a costo di inventare di sana pianta nuove patrie fittizie.
Ciclicamente qualcuno si mette in testa di cambiare provincia o regione, ma sempre, guarda il caso, a detrimento del Piemonte. Se poi l’ambizione, magari un po’ gretta ma comprensibile, è quella di passare a una regione autonoma, pazienza; ma di altri esercizi demagogici e fini a sé stessi se ne sente l’olezzo di bassa strategia elettorale a tre vallate di distanza.
I piccoli emuli di Rattazzi, senza potere e senza il minimo barlume di conoscenze storiche, che passano le serate a studiare ogni citrullaggine del web, sono funzionali a coloro che intendono continuare a sminuire il Piemonte e a disconoscerne la marcata identità – anche territoriale.
L’ultimo di questi è il sindaco di Sëppian-a / Seppiana, in Valle Antrona: Alberto Preioni, leghista, uno di quelli che si vergogna di essere piemontese e sogna di staccare le attuali province di Novara e VCO dal Piemonte e di annetterle alla Lombardia (perché «Milano è più vicina»; potrebbe proporre agli Austriaci di trasferire la loro capitale a Radstadt ma, come vedremo, il nostro sindaco è abituato a volare più basso).
Comunque, che la provincia del VCO non se la passi bene è un fatto: vanta crediti presso la Regione per i canoni idrici e, per mancanza di fondi, rischiano di saltare i pronto soccorso del San Biagio di Domodossola e del Castelli di Verbania. E la Regione che fa? Continua senza batter ciglio a regalare i nostri soldi a Roma che, per contro, blocca al Piemonte 51 milioni di Euro di fondi europei per le alluvioni (mettendo a rischio l’incolumità di 188mila persone) e gira invece 9 miliardi a una nuova “cassa del Mezzogiorno”.
Ma la fissa di Preioni è l’antipiemontesismo e, con proverbiale acume politico, sabato scorso ha tolto la bandiera piemontese dal Comune di Seppiana (violando così anche la Legge regionale 15/2004), minacciando di spedirla al Presidente della Regione se non otterrà soddisfazione. Come se il nostro vessillo del 1263, nella sua forma attuale dal Quattrocento – quando sventolò per la prima volta nell’Ossola – fosse di proprietà di Chiamparino.
Non che gli sia venuto in mente di togliere la bandiera italiana e di rispedirla al prefetto (figura che a suo tempo fu potenziata dall’allora ministro dell’interno, oggi presidente di Regione Lombardia e suo superiore nel partito Roberto Maroni).
Forse aveva paura che i “Fratelli d’Italia” (quelli che hanno nel programma l’abolizione delle Regioni) si sarebbero offesi? Forse è più comodo prendersela con un “nemico” più debole, un Ente ormai boccheggiante e in smobilitazione, per di più di un altro colore politico?
Noi ci stiamo prodigando per fare esporre ovunque il Drapò, il principale simbolo della nostra identità, convinti che soltanto il recupero di un’identità forte possa evitarci la catastrofe (della quale la chiusura dei pronto soccorso è solamente una delle tante avvisaglie); e loro, “per protesta”, la tolgono.
Ci va un po’ di intelligenza per individuare chi è l’avversario; ma non pensiamo che questa difetti ai personaggi come Preioni, in corsa per lo scranno a Roma. Tutto sta a capire da che parte vogliono stare. Noi lo abbiamo ormai capito.
17.3.2015