Vërsej/Vercelli – Per un "museo dello sport" hanno distrutto un opificio del primo secolo

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Una vasta area industriale romana datata I secolo dopo Cristo andata distrutta. Lo afferma un gruppo di associazioni culturali vercellesi, che sta portando avanti una battaglia per salvare quel che resta di un antico opificio: un sito archeologico testimone della «Vercellae» di duemila anni fa, sorto sulla strada che collegava la città a Hasta Pompeia, l’antico nome di Asti.

L’opificio romano, secondo gli esperti del gruppo «La Rete», è stato sacrificato per la costruzione di un Museo dello sport, un palazzetto il cui progetto della passata amministrazione non è mai arrivato alla conclusione sia per il ritrovamento dei reperti romani, sia per beghe prettamente burocratiche. Oltre il danno (ossia la mancata realizzazione dell’edificio) c’è la beffa: delle antiche mura emerse durante gli scavi, che costituivano un’importante area di scambio merci tra i popoli, non rimane che qualche traccia. Tutto il resto è coperto dal fango.

«Ormai tutta la zona archeologica è andata distrutta – spiegano gli esperti, tra cui ci sono gli studiosi che nel 1971 segnalarono al trinese Vittorio Viale la scoperta dell’opificio -: si è raggiunto il cento per cento di danni e i lavori sono bloccati, con il risultato probabile che per anni regnerà solo il fango. Oltre a questo, risulta che la nuova giunta non sarebbe stata informata della distruzione, né dalla Soprintendenza, né dai propri uffici».

Eppure, dicono gli archeologici, tutta la zona attorno a piazza Battisti trasuda storia: oltre all’antica area industriale della Vercelli romana, esiste anche una necropoli che copre la zona tra via Derna e via Tripoli, fino all’attuale ospedale Sant’Andrea. «Dalle quali – sottolineano – sono stati portati via circa 120 mila reperti, ora negli archivi della Soprintendenza di Torino, che attendono di essere riportati a Vercelli».

Lo scempio denunciato dai ricercatori riguarda anche i terreni dove sorge la necropoli di San Bartolomeo, «scoperta negli anni Sessanta e anch’essa – dicono – lasciata all’incuria, con un piano regolatore che identifica quell’area come edificabile».

Gli attivisti chiedono quindi l’individuazione dei responsabili, la creazione di una consulta formata da archeologici vercellesi, e l’avvio degli studi per una carta archeologica «che limiti gli ultimi danni. E che sia di aiuto persino alle imprese edili. Sono episodi di una gravità inaudita perché si stanno cancellando luoghi storici e turistici».

(R.Mag. – La Stampa – Vercelli 26.1.2015)

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