- Nella seduta del 31 marzo 2009 il Consiglio regionale ha approvato la legge sulla “tutela e valorizzazione del patrimonio linguistico del Piemonte”. L’analisi della nuova legge approvata evidenzia sia la scarsa padronanza della moderna dinamica legislativa linguistica, sia il prodotto di un compromesso politico che riduce a tal punto i termini della tutela linguistica a mero enunciato di generici proponimenti. In realtà si è voluto soltanto depotenziare la Legge 26/90, UNICA LEGGE CHE TUTELAVA LA LINGUA PIEMONTESE, con il pretesto di modificarla, rendendola inoffensiva sotto l’aspetto della promozione della lingua.
Una legge da contributi a pioggia, senza alcun criterio, che riduce drasticamente gli interventi nelle scuole
La nostra proposta alternativa (Pdl 527, sostenuto da circa 200 Comuni) prevedeva una tutela attiva, cioè una salvaguardia e una promozione effettive delle lingue storiche del Piemonte (coinvolgendo, ad esempio, le realtà economiche locali e incidendo sulla vita sociale del territorio). Viceversa la legge approvata rappresenta un netto passo indietro rispetto alla Legge 26/90, mirando per lo più alla concessione di contributi “a pioggia”, senza che venga nemmeno specificato alcun criterio di asse-gnazione e togliendo addirittura il vincolo di un’ora minima settimanale di insegnamento facoltativo delle lingue storiche nelle scuole.
Una legge che nasce vecchia, che toglie dignità alle lingue del Piemonte
La riproposizione della dicitura “originale patrimonio culturale e linguistico” evidenzia la mancata volontà di innovazione; la nostra proposta esprimeva invece nettamente la definizione “lingue storiche del Piemonte”, dotandole di una piena dignità fuori da ogni generico riferimento. Una legge che – non richiesta – si adegua alla legge dello Stato che penalizza e discrimina la lingua piemontese. Precisando che relativamente agli ambiti territoriali “la Regione si attiene alle procedure delineate dall’art. 3 della Legge n. 482”, si penalizza di fatto la lingua piemontese in quanto la stessa, prima lingua del Piemonte, viene ingiustamente discriminata rispetto alle altre già tutelate dallo Stato, poiché permane esclusa dalla predetta legge.
Un passo indietro di dieci anni sul riconoscimento della lingua piemontese
La nuova legge, contrariamente alla nostra proposta, non stabilisce che la lingua piemontese è la lingua regionale del Piemonte. Il dato politico che emerge da questa omissione riveste una grande importanza e investe in tutta la sua responsabilità soprattutto le forze politiche che vorrebbero farsi passare come i tutori della lingua piemontese. In particolare: 1. l’Ordine del Giorno n. 1118 del 15.12.1999 definisce e riconosce la lingua piemontese “lingua regionale del Piemonte”; 2. resta comunque inteso che l’esplicito riferimento alla lingua piemontese è il quadro entro il quale si muovono in sinergia tutte le lingue storiche del Piemonte: depotenziando questo atto legislativo nel suo riferimento più importante si priva la lingua piemontese della possibilità di salire i gradini della tutela con una legge dello Stato.
Escluse le attività produttive, veicolo fondamentale per la promozione di una lingua e dei suoi prodotti
La nuova legge non prevede alcun tipo di investimento a favore delle aziende nel campo della promozione delle lingue storiche. Il nostro progetto, viceversa, metteva a disposizione delle aziende piemontesi uno strumento importantissimo per la promozione e la visibilità di queste lingue tramite sostegno alle imprese nell’ambito fondamentale delle attività commerciali e produttive.
Spariscono le attività dirette, la Regione abdica a un ruolo progettuale
Nella nuova legge il riferimento alle attività dirette della Regione è del tutto generico ed occasionale, mentre la Regione stessa avrebbe dovuto invece farsi parte dirigente nei processi di promozione delle lingue storiche, con il relativo intervento finanziario. Il testo approvato è ben poca cosa rispetto a quanto prevedeva la Legge 26/90 che è stata abolita: il risultato è una legge generica, approssimativa e raffazzonata, che non impegna l’istituzione regionale in una strategia culturale e linguistica a medio e lungo termine.
Più niente teatro, niente musica, niente libri: una legge priva di cultura
In questa legge manca qualunque riferimento alle attività teatrali, musicali, all’editoria e a tutte quelle azioni che rappresentano le colonne dell’azione di promozione di una lingua minoritaria.
Per le lingue quattro soldi: sono già destinati all’arte contemporanea (che interessa di più a qualcuno?)
Il finanziamento previsto è del tutto insufficiente rispetto a un progetto di modifica strutturale in tale materia. Non si riesce a comprendere come un impegno istituzionale sul terreno della valorizzazione e promozione della conoscenza dello sviluppo delle lingue storiche del Piemonte possa reggersi su una destinazione finanziaria così carente, soprattutto se paragonata ad interventi in altre aree di interesse molto più limitate.
Lingue ghettizzate, escluse dai media
La vecchia legge già predeveva il sostegno della Regione alla realizzazione di trasmissioni culturali e di informazione radiotelevisive nelle lingue del Piemonte. Anche se tale articolo non è mai stato applicato – vista la totale mancanza di volontà politica – era comunque un punto di riferimento normativo importante. La nuova legge svela una chiara malafede, escludendo da questa possibilità le trasmissioni di informazione, limitandole a un generico ambito culturale.
Un’arroganza da respingere e una brutta legge da sostituire
Le norme presenti nel nostro progetto di legge rappresentavano punti qualificanti che si riscontrano in tutte le legislazioni europee in materia: il fatto che siano assenti (o che in minima parte siano presenti, e solo modo assai generico) nella nuova legge evidenzia come lo spirito di questa vada in altra direzione rispetto alla volontà di tutela effettiva e, soprattutto, di promozione delle lingue storiche del Piemonte.
Negli ultimi vent’anni la consapevolezza dell’importanza della lingua piemontese è molto aumentata nei parlanti, i quali sono anche divenuti molto più sensibili alla sua tutela e promozione. Di tutto ciò la nuova legge non ha tenuto conto, così come non si è minimamente curata della volontà dei cittadini, rappresentati dai propri Comuni. Gioventura Piemontèisa, pertanto, respinge con sdegno la ratio che ha ispirato questo provvedimento, in quanto non rappresentativo e irriguardoso della volontà popolare e della coscienza dei parlanti. Il Movimento auspica una sua sostituzione in tempi brevissimi con una legge degna, e in tale direzione intende continuare ad operare con determinazione con ogni mezzo democratico. I partiti marciano sulla mancanza di informazione libera.
Non dobbiamo fermarci alla superficie, ma andare a fondo e capire come hanno ingannato i Piemontesi.