La notizia, della massima importanza, è finita a pagina 6 de La Stampa di oggi, sotto il pudico e fuorviante titolo della rubrica “ripresa – misure per la crescita”. È invece una notizia gravissima e di tutt’altra specie, che con la fantomatica e fantasmatica ripresa non c’entra un fico secco, mentre testimonia benissimo del conto in cui è tenuto il Piemonte in italia.
Nel silenzio generale (è meglio parlare del tempo o delle disgrazie che capitano in Cina o in America, così da non disturbare il manovratore di turno), con l’ennesimo decreto (prontamente battezzato sblocca-italia, sic!) si sta realizzando un ulteriore passo verso lo svuotamento della Regioni, viste come un imbroglio e un inutile peso.
Queste, in base all’articolo 117 della costituzione, potevano dire la loro in merito ai trivellamenti per la ricerca di petrolio e gas naturale, ma ciò dava evidentemente fastidio ai mandarini romani (insofferenti e allergici verso tutto ciò che sa di autonomia e che non sia direttamente controllabile da loro). E allora, che fare? Ma è chiaro: tornare “all’antico”, come ci istruisce La Stampa; in altre parole fatta la legge, trovato l’inganno, e allora – teste fini quelle del governo tricolore! – basta lasciare formalmente intatto l’articolo della Costituzione modificando (con un semplice decreto!) la procedura della valutazione di impatto ambientale, eliminando de facto la competenza concorrente Stato-Regioni in materia energetica.
Voilà! Ecco realizzato il solito gioco delle tra carte all’italiana: lo Stato si riprende ciò che non è mai stato suo, vale a dire una competenza che, almeno in teoria e in diritto, andrebbe condivisa, ad esempio, con la Regione Piemonte.
Naturalmente l’operazione è stata venduta come la solita “razionalizzazione” tesa a recuperare denaro (oltre un miliardo di tasse l’anno, senza che al Piemonte resti nemmeno un Euro) e spacciata come un’operazione necessaria per superare la “sbornia federalista” (e chi l’ha mai vista?) – come ci assicura la Busiarda – mentre non è altro che l’ennesimo passo verso il totale e completo accentramento del potere politico, delle competenze e delle risorse pubbliche a Roma.
Come sarebbe a dire “sbornia federalista”? Nel corrottissimo Stivale perfino la scuola e le strade dipendono da Roma. Evidentemente ci prendono per stupidi; quelli che propalano questi spropositi non sanno quello che dicono, oppure non sono mai andati al di là dell’Esquilino e del Viminale, mentre noi Piemontesi condividiamo la cultura civica di paesi federali come Svizzera, Austria e Germania.
Altro che “sbornia”! Altro che “lobby locali”, per dirla ancora con La Stampa. Quello che è un elementare principio di democrazia, cioè il dare la possibilità alle popolazioni coinvolte e ai territori interessati di esprimere il proprio apprezzamento o la propria contrarietà a fronte di opere assai invasive come i trivellamenti e la coltivazione di giacimenti petroliferi, viene sic et simpliciter liquidato in un paio di righe come l’azione di qualche oscura e fastidiosa “lobby” e fatto passare, invece che come un diritto, come un privilegio e un danno alla collettività. Chapeau!
Le lobbies sono tutt’altra cosa: sono quei gruppi di pressione privati, come quello dei giornali, che riesce a far sì che ogni anno lo sgangherato Stato italiano – che non riesce a far funzionare gli ospedali, le scuole, le strade, niente di niente – sborsi 700 milioni per tenerli in vita artificialmente.
Quelle sì che sono “lobbies”; tutt’altra cosa sono le persone, i paesi e i principi di autonomia e di autogoverno, che vengono invece bellamente buttati nel cesso da un governo non eletto da nessuno e che il Piemonte manco sa dove sia.
In pratica, in futuro, se il Piemonte volesse opporsi al trivellamento del suo territorio, non potrebbe più farlo, con buona pace della lettera scritta della loro costituzione che, evidentemente non va neanche bene per incartare i carciofi.
E noi Piemontesi dovremmo ancora farci riconoscere e farci comandare da questi cacciaballe di italiani e dai loro imbrogli? Pensateci un po’ su.
31.8.2014