Il piemontese è patrimonio di 3.140.000 persone!
Un rapporto IRES rivela la realtà della situazione linguistica in Piemonte: siamo la prima minoranza linguistica nella Repubblica Italiana.
Ëd Piemontèis a-i na j’é pì gnun… (sottinteso: non vale la pena di occuparsi della nostra lingua, tanto ormai è deciso: i Piemontesi appartengono al passato, e la lingua piemontese compete ormai all’archeologia). Quante volte ognuno di noi si è sentito ripetere questo ritornello, magari da parte di persone in buona fede? Eppure basta fare un giro, non diciamo in qualche paese sperduto di alta montagna (la propaganda ama rappresentarci come una specie in via di estinzione, rifugiata sempre più verso le alte cime), ma nella città di Torino, per rendersi conto che le cose stanno diversamente.
Sovente Gioventura Piemontèisa ha ripetuto che i Piemontesi sono la prima minoranza linguistica della Repubblica Italiana e la seconda d’Europa, ma spesso, per una sorta di complesso di autolimitazione, un essere più realisti del re a tutti i costi (atteggiamento purtroppo così tipico dei Piemontesi), molti restavano scettici.
Orbene, il tempo è galantuomo e, alla fine del-l’altr’anno, l’IRES (Istituto di ricerche economiche e sociali), una sorta di Istat della Regione, in collaborazione con l’Università di Torino, ha pubblicato una sua ricerca (Quaderno 113 – Le lingue del Piemonte) di capitale importanza.
Questo Istituto di ricerca ha effettuato, basandosi su dati del 2005 (e quindi molto aggiornati), un’indagine demoscopica sulla popolazione di tutta la Regione Piemonte; l’indagine è stata condotta con criteri scientifici (in primis assicurando la rappresentatività dei campioni considerati), con l’obiettivo di saperne di più sull’uso delle lingue autoctone in Piemonte.
Da questo studio, portato avanti da un istituto pubblico e quindi non sospettabile di faziosità, sono emersi alcuni dati di fondamentale importanza anche per la nostra azione nei prossimi anni e per l’attuazione di una concreta politica linguistica in Piemonte da parte della Regione stessa.
È emerso che ben il 77% (oltre i tre quarti! 3.140.000 persone) della popolazione della regione del Piemonte ha una competenza attiva o passiva della lingua piemontese e, in particolare, 2 milioni la parlano mentre 1.140.000 la capisce.
Poi, 47.000 persone parlano l’Occitano (21.000 lo capiscono) e 14.000 il Francoprovenzale (7.500 lo capiscono), in “com-presenza”, nei rispettivi territori, con il Piemontese.
La realtà che emerge da questa indagine è assolutamente impressionante: la gran maggioranza della popolazione piemontese parla, oltre all’italiano, almeno una lingua autoctona da esso ben differenziata.
La lingua piemontese ne esce a pieni voti come una vera e propria lingua regionale (e questo nei fatti, prima che dal punto di vista giuridico: in altre parole “lingua regionale del Piemonte” non è una semplice definizione).
Insomma, dati alla mano e in modo inoppugnabile, i Piemontesi sono il popolo di lingua minoritaria di gran lunga più consistente della Repubblica Italiana.
Questi dati, finalmente, fanno venire al pettine il problema e l’ingiustizia della discriminazione che ha subìto e che continua a patire la nostra lingua, che è la seconda parlata nella Repubblica e che, a questo punto, non può più accontentarsi della “tutela” della legge regionale n. 26/90, né può più rimanere esclusa dalla legge statale 482/99.
Lo studio dell’Ires porterà anche, necessariamente, a riconsiderare quali sono i reali rapporti numerici tra le minoranze e ad agire per una battaglia di libertà e di giustizia: non è accettabile, e non potrà più essere tollerato, che la lingua piemontese sia ancora trattata come la polvere che si spazza sotto il tappeto per far finta che non esista. Questo, in primis, da parte dello Stato italiano (mantenuto in vita anche dai 120 miliardi di Euro di ricchezza prodotta ogni anno dal Piemonte), che ha il brutto vizio di pompare “minoranze” di poche centinaia di persone e di “dimenticarsi” di più di tre milioni di suoi cittadini.
Ciò si dovrà inevitabilmente tradurre, nei prossimi anni, in una politica linguistica capace di prendere atto della realtà dei fatti e della straordinaria vitalità che ha dimostrato la nostra lingua in questi ultimi decenni.
Sempre dal rapporto IRES emerge che i due terzi (!) dei Piemontesi sono favorevoli all’insegnamento del Piemontese a scuola: ciò dovrà far ripensare profondamente la politica educativa e scolastica in Piemonte, dal momento che oggi questi due terzi della popolazione non trovano riscontro alle proprie attese (e progetti di insegnamento come l’Arbut necessariamente non possono che interessare solo una minima parte delle scuole).
Bisognerà quindi introdurre l’insegnamento sistematico della lingua piemontese a scuola: se questo, poi, vorrà dire, per il Piemonte, assumere direttamente competenze e risorse per quel che riguarda l’istruzione, saranno gli stessi Piemontesi a deciderlo: la tutela della nostra lingua e della nostra identità è un diritto umano fondamentale e per noi irrinunciabile, non un favore che lo Stato italiano gentilmente ci concede.
Il rapporto 113 costituisce un punto fermo e una base dalla quale partire per una completa ufficializzazione del piemontese e per la sua equiparazione alle altre lingue europee.