di Roberto Cresta (CorriereAL)
A Casalbagliano c’è (…forse è meglio dire c’era…) un castello del XIV secolo di cui si può ancora ammirare la torre, perché tutto il resto è pressoché un rudere. Le mura diroccate sono invase dalla vegetazione spontanea e lo spazio circostante è confinato malamente con transenne. Sul fronte sud c’è la piazza che fino a poco tempo fa ospitava i bidoni della spazzatura; questi ora sono stati trasferiti e si può parcheggiare senza mettere i piedi nell’ immondizia.
Nei pressi del castello c’è la chiesa dell’Assunta, e poco più in là un gruppo di case completa l’insediamento urbanistico che a suo tempo doveva essere il nucleo originario del sobborgo. Queste case ora sono tutte ben sistemate e tenute con cura, e costituirebbero un corredo dignitoso al complesso monumentale, che invece è quasi irrimediabilmente degradato.
Tanti anni fa presso il castello, allora di proprietà privata, c’era un custode, ovvero una persona che probabilmente vi abitava, e comunque curava lo spazio circostante.
All’inizio degli anni Novanta il monumento era già malridotto e passò alla mano pubblica, cioè al Comune di Alessandria. Questo evento fece ben sperare in qualche intervento di consolidamento e in una ordinaria manutenzione delle pertinenze.
Invece anno dopo anno la situazione peggiorò sensibilmente, la vegetazione spontanea cominciò ad aggredire ulteriormente i muri perimetrali e si verificarono i primi cedimenti.
Qualcuno nel paese si preoccupò di motivare l’Amministrazione Comunale ad intervenire per salvare il salvabile; il compianto geom. Giancarlo Guazzotti raccolse una esauriente documentazione sulla storia del monumento e si adoperò attivamente per valorizzarlo, ma la sua dedizione non fu premiata. Ricordo che in quel periodo si fece anche ricorso alla pubblicizzazione con la fotografia della facciata del castello sulla copertina della guida del telefono della provincia di Alessandria. Ma non bastò a suscitare il dovuto interesse.
Allorché il Comune si decise ad intervenire accadde un disastro.
Furono inviate delle ruspe per “fare pulizia”, ovvero per togliere la vegetazione spontanea che si era accumulata intorno al castello e questa operazione produsse il seguente risultato: fu sradicato l’enorme glicine che si era arrampicato sul lato sud, l’immenso vegetale collassò su se stesso e fece crollare quasi completamente anche la muratura. All’incuria si aggiunse l’ imperizia, e attualmente si può notare vistosamente questo effetto perché lo squarcio prodotto rende particolarmente tetra la facciata dove un tempo c’era l’ingresso. Da allora fu installata la cinta di protezione per ragioni di sicurezza.
Ho ricordato prima che nelle immediate vicinanze del castello ci sono la chiesa parrocchiale e un gruppo di case i cui abitanti possono apprezzare (si fa per dire) quotidianamente questo esempio di degrado di un bene pubblico. Ma questi “vicini” hanno un altro problema, anche questo attribuibile ad incuria e imperizia.
Si dà il caso che tra la “piazza castello” e queste case ci sia un dislivello significativo, e in caso di pioggia persistente (è sufficiente un forte temporale o un paio di giorni di pioggia debole ma ininterrotta) le case stesse vanno a bagno. Il disagio si protrae da anni e in tanto tempo è stato realizzato solo qualche intervento parziale e non risolutivo.
Inoltre alcune di queste abitazioni non sono ancora collegate alla rete fognaria e spesso ne conseguono danni di non poco conto.
Se si scende lungo il lato est del castello percorrendo un centinaio di metri a piedi si può tuttora constatare questa triste situazione: l’acqua piovana, e non solo quella, confluisce a ridosso di queste case e forma un pantano, talora maleodorante, che si arresta contro un argine. Dopo l’esondazione del fiume Tanaro con la conseguente alluvione del ’94 fu infatti costruito il secondo argine, che in quel punto fu eretto a pochi metri di distanza dalle preesistenti abitazioni. In questo modo gli sfortunati “vicini” del castello hanno un panorama di decadenza da una parte e l’acqua in casa dall’altra.
Mi rendo conto che in questo periodo sia piuttosto difficile reperire le risorse per mettere in sicurezza ciò che rimane del monumento (almeno la torre), restituire a dignità civica lo spazio circostante e fornire i servizi necessari agli sfortunati “vicini”, ma il problema rimane.
In molti siamo indotti a questa riflessione: nei decenni sono stati trovati i soldi per rifare due o tre volte le pavimentazioni di alcune vie del centro di Alessandria (fare bene i lavori una volta sola sembra sia molto difficile) , e mai sono state reperite tutte le necessarie risorse per risolvere i problemi sopra esposti.
Perché?
1.2014 | Mersì a Paolo Barosso