Il cadavere sulla schiena

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Mentre il Piemonte sprofonda in una crisi sempre più nera della quale non si vede la fine, mentre oltre la metà dei nostri giovani è senza lavoro, quando è ormai scena sempre più consueta il vedere anziani rovistare nei bidoni dell’immondizia per riuscire a sfamarsi, immagine plastica del disastro in cui siamo finiti, cosa pensa bene di fare la Corte Costituzionale italiana? La illustrissima Suprema Corte (lo stesso organismo che nel 2010 ha cassato la legge sul piemontese) il 17 dicembre decide di farsi il regalo di Natale e, dotata di poteri temporali, pronuncia la sentenza 310, con la quale stabilisce solennemente che lo stipendio dei magistrati è intangibile. Non può essere diminuito. Cioè: mentre tutti i comuni cittadini faticano sempre più ad arrivare a fine mese, grazie soprattutto a uno Stato sempre più opprimente e ladro, i magistrati — in primis quelli della suprema Corte — non rinunciano nemmeno a un centesimo del loro pur lautissimo stipendio (sono, infatti, tra i più pagati al mondo).

Rigettando il ricorso presentato dai docenti universitari, la Corte Costituzionale ha difatti ritenuto legittimo il blocco degli stipendi dei pubblici dipendenti, ma con un’eccezione. L’unica. Quella della parte più sana della società, l’unica pulita, il baluardo della legalità, la fratellanza dei puri che si innalza, sola, sullo schifo della politica e della società italiana, esempio immacolato e irraggiungibile di virtù repubblicana: la loro.
La sentenza, prendendo a pretesto il solito refrain sull’“autonomia e indipendenza” della magistratura, intenderebbe sottrarre gli stipendi dei magistrati alla “dialettica negoziale”, vale a dire a un minimo di contrattazione, mentre “il sacrificio imposto al personale docente, se pure particolarmente gravoso per quello più giovane, appare congruente con la necessità di risparmi consistenti ed immediati”. Cioè, mentre a tutti i mortali va applicata la “dialettica negoziale”, ai signori magistrati (di cui, per legge non si può parlar male né, tanto meno, toccare il portafoglio) no.
E dire che già l’anno prima la medesima Corte, con la sentenza 223, aveva affossato il decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78 “misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, dichiarando l’illegittimità costituzionale della norma che bloccava i meccanismi di adeguamento retributivo per il personale della magistratura, cioè l’adeguamento all’inflazione. Insomma, hanno fatto il bis.

E poi qualcuno, come un disco rotto, ha ancora il coraggio di proporci i soliti pistolotti sulla “legalità”, la “costituzione” (naturalmente, la più bella del mondo) e il “rispetto delle regole” — gli stessi che vengono a far le pulci ai Piemontesi, a estorcere le tasse, a chiuderci i Comuni, a tagliare i servizi con la solita solfa dei “risparmi”.
Dalle nostre parti si dice che la prima carità a l’é cola dl’uss. Ergo: si cominciasse, invece, ad adeguare subito lo stipendio dei giudici (costituzionali e no) a quello dei colleghi svizzeri, danesi, inglesi, europei in genere, licenziandone, magari, la metà. Non per cattiveria, ma in italia sono quattromila, mentre in Francia (con risultati ben migliori, sotto tutti gli aspetti) sono la metà. Quindi, perché non risparmiare? Perché non tagliare gli insostenibili costi della magistratura italiana? Tutti gli anni si recupererebbero, così facendo, un bel po’ di miliardi, che potrebbero essere destinati, per dire, alla sanità e al lavoro.

Noi Piemontesi non dobbiamo inoltre mai dimenticare che la Corte Costituzionale è lo stesso organismo che, con la scandalosa sentenza 170/2010 annullava la pur innocua legge regionale di tutela del piemontese in quanto travalicava l’ambito “esclusivamente culturale” nel quale gli italiani vogliono lasciarci morire, lasciando così la nostra lingua priva di ogni forma di riconoscimento e di tutela.
Già esclusa dalla legge statale 482/99 alla nostra lingua è stata così negata anche quella misera foglia di fico della legge regionale, lasciandola del tutto priva di sostegno da parte dell’ente pubblico. Più niente: neanche quel quasi niente che c’era fino al 2010.
Che differenza rispetto all’Europa! Proprio in queste settimane in Svizzera festeggiano i 50 anni della radiotelevisione ladina (35000 parlanti, tanti quanti la città di Ivrea, eppure quarta lingua nazionale della Confederazione) mentre il Piemontese (oltre due milioni di parlanti) per l’italia non esiste neppure…

Il bello è, poi, che tale sentenza è, a sua volta, illegittima, tant’è che il 3 dicembre di quest’anno la medesima Corte ha stabilito — mach an italia… — che gli ultimi tre parlamenti (dal 2006 in qua) sono illegittimi, in quanto eletti con una legge incostituzionale, cioè illegale. 150 parlamentari, nominati col premio di maggioranza, sic et simpliciter non avrebbero infatti dovuto fare i parlamentari e sono quindi (o dovrebbero essere) decaduti. Di conseguenza tutti le leggi, i decreti, i regolamenti e in generale gli atti promulgati negli ultimi otto anni dai parlamenti (e di conseguenza dai governi) italiani sono illegittimi: illegittimi e illegali i governi dal 2006 in qua, in quanto frutto di maggioranze politiche sballate e artificiali, incostituzionali; illegittima, quindi, la composizione della stessa Corte Costituzionale (che a sua volta ha stabilito l’illegittimità) e illegittimo pure il Presidente della Repubblica. Insomma: una tragedia giuridica e istituzionale.

Si fa prima a dire che questa volta la massima magistratura italiana ha stabilito che illegale è, insomma, un paese intero, l’italia – nato, peraltro, dalla truffa (che perdura almeno dal 1857, quando il Presidente del Consiglio Camillo Benso fece invalidare le elezioni che lo videro finire in minoranza, compiendo un vero e proprio colpo di stato, che portò, infine, alla perdita della sovranità e allo smembramento del Piemonte-Savoia).
Di fronte a una situazione così surreale, impensabile in qualsiasi altro paese, come possono, i Piemontesi, anche soltanto pensare di poter fare valere i loro diritti di popolo e di nazione senza Stato? Qui non si rispettano nemmeno i principi fondamentali e l’abc della logica: se gli italiani sono i primi a fregarsene completamente delle leggi che si son dati, è ovvio che i Piemontesi da questo paese barzelletta non otterranno mai niente e la penosa, quarantennale, storia del mancato riconoscimento della loro lingua è lì a dimostrarlo.

La sentenza della Consulta fornisce, poi, la cifra del completo disastro dello Stato italiano, che è ormai evidentemente entrato in una fase di blocco renale, avvelenato com’è dalle tossine da esso stesso prodotte (sfascio morale, criminalità fuori controllo, corruzione come regola di condotta) e che non essendo più in grado di metabolizzare lo stanno ammazzando, con gli organi costituzionali che non riescono neppure più a coordinarsi e a salvare la forma.
Stato che si sta disintegrando sotto i nostri occhi con velocità accelerata (gli unici che non se ne accorgono sono i mandarini che lo fanno andare avanti e che nel contempo lo parassitano), anche grazie alla situazione geopolitica mondiale e alla politica antinazionale dei poteri bancari e delle istituzioni internazionali.
È del tutto fuori questione che nel medio-lungo periodo possa in qualche modo resistere alle sollecitazioni di tali super-poteri, tanto più che si stanno risvegliando un po’ ovunque (Tirolo, Sardegna, Trieste, ecc.) le spinte centrifughe dei popoli che si stanno legittimamente chiedendo con sempre maggiore insistenza cosa ci stiano ancora a fare in questo baraccone. Forze che inevitabilmente cresceranno, di pari passo con la crisi drammatica che senza dubbio attende l’italia nel breve periodo (la Grecia è vicina non soltanto geograficamente). Anche se nel belpaese si fa finta di niente, non si dimentichi inoltre che entro il 2014 assai probabilmente finiranno, almeno nella forma in cui le abbiamo conosciute, Spagna e Gran Bretagna: il referendum per l’indipendenza in Catalunya è fissato per il 9 Novembre, in Scozia la settimana successiva e questi due eventi così importanti e così simbolici forniranno un esempio per tutte le istanze autonomiste e di libertà, che trarranno da essi la legittimazione e la spinta per andare fino in fondo.

La Storia va nella direzione della riscoperta delle “piccole” (vere) patrie e, per quel che ci riguarda, sta mostrando la sempre maggiore inadeguatezza e la non necessità dell’esistenza di uno realtà statuale italiana, ormai anzi del tutto disfunzionale, rendendo palese come Piemonte e italia siano sempre più incompatibili e autoescludentisi.
I Piemontesi stanno forse per liberarsi dall’incantesimo maligno in cui sono stati precipitati oltre centocinquant’anni fa e per scrollarsi finalmente di dosso, come ebbe a dire Massimo d’Azeglio “il cadavere che ci hanno attaccato alla schiena”.

C.C. 10.1.2014

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