Il tempo dicono che sia galantuomo: cancella, non sempre a ragione, misfatti e tragedie vissute da noi uomini, fa emergere tavole e ruderi che documentano i modi di vita dei nostri avi, chiarisce avvenimenti e simboli, ingentilisce alcune pagine del nostro vissuto. E immalinconisce, specie se con il ricordo andiamo indietro anche solamente di qualche decennio, per ripensare a uomini e donne che hanno lasciato un’impronta viva nel campo che in questo momento ci interessa in modo particolare: quello dei cultori della lingua piemontese, lingua che stenta, per l’insipienza e l’ignoranza di un numero troppo grande di politici e intellettuali maldestri, a farsi riconoscere come tale, preferendo i suddetti politici e intellettuali annoverarla tra i dialetti, emanazione del più nobile “latino” (vexata quaestio, sulla quale occorrerà ritornare a discutere sul nostro giornale quanto prima).
Abbiamo parlato di malinconìa, di un accoramento che molto si avvicina al magon, quasi di afflizione: perché non è facile riandare con il pensiero a uomini e donne che ci hanno lasciato, dopo aver fatto parte per così dire, in qualche maniera, della nostra vita, che abbiamo conosciuto da vicino spesso in amicizia, che abbiamo stimato per il loro arduo e spesso negletto lavoro, e dai quali abbiamo quasi tutti imparato qualcosa, perché sapevano, proprio attraverso il loro operare, trasmettere valori, insegnare, arricchirci. Ma superato un primo momento di sgomento, e col proposito di non redigere lacrimosi ma spesso fumosi “coccodrilli” di circostanza, e tantomeno senza l’intento di compilare un elenco di “eccellenze” (ad altri l’arduo compito!), ci sembra doveroso richiamare alla memoria i nomi di coloro che si sono prodigati negli ultimi decenni per la causa che ci interessa: senza preoccuparci di rigorosi ordini alfabetici, di date di nascita e morte, di titoli di opere e di merito, di giudizi critici, e delle molte “dimenticanze”, che potrebbero essere scambiate per sgarbi. Il nostro vuole semplicemente essere un piccolo atto di riverenza al fare e all’agire di studiosi ed artisti – ripetiamo – che hanno percorso un tratto della loro vita nella direzione di cui prima si diceva.
La voce della “poesia” è stata duramente colpita dalla scomparsa di un Barba Tòni, di un Luigi Oliviero, Alfredo Nicola, di una Anin Molin Pradel, di un Tavio Cosio, di una Bianca Dorato, di un Bep Ross, di una Carlottina Rocco: perdite che hanno lasciato un vuoto incolmabile. Restano per fortuna le loro opere a testimoniare la loro creatività, il loro essere poeti, la loro fierezza e dignità di essere portatori di una lingua e di un linguaggio antico che si protendono, l’uno e l’altro, verso il futuro.
Gravi perdite ha subito il mondo teatrale con la perdita di attori e attrici che, oltre a portare in scena personaggi del teatro piemontese in una lingua che padroneggiavano magnificamente. Tra le signore voglio ricordare la grintosa Enza Giovane, la brava e sempre simpatica Wilma D’Eusebio, Vittoria Lottero, prima donna di tante commedie realizzate da Gipo Farassino, e poi ancora la compianta Franca Novara, la suadente Angiolina Quinterno, e poi ancora Nella Colombo, cantante-attrice che attraversò tutti i generi di spettacolo, dalla canzone in RAI (ricordate Sola me ne vo’ per la citta…?), alla commedia comica alla rivista, all’operetta, e la bellezza scultorea ed elegante di Nory Morgan, la soubrette che trionfò, e per anni, sui palcoscenici dell’Ideal, del Maffei, del Reposi, accanto a Mario Ferrero, comico amatissimo dai piemontesi.
Sul versante attoriale maschile, oltre al già citato Ferrero, ricordiamo la scomparsa di Armando Rossi, attore e fondatore della Piccola Ribalta, oltrechè curatore di eventi e rassegne teatrali, del cantante Ernesto Bonino, di Felice Andreasi, cui è doveroso aggiungere i nomi di Gino Lana, Eligio Irato, Quinto Cavallero, Pinòt Bialera, e quello dell’artisticamente puntuale e rigoroso Renzo Lori.
A mano a mano che ci si addentra nell’annuario dei ricordi, i nomi si moltiplicano, e si allunga in tal modo la lista dei “grandi” che ci hanno lasciato: proprio quest’anno, in un focoso luglio, è mancato Padre Giuliano Gasca Queirazza S.J., eminente uomo di studi, professore universitario, filologo di fama internazionale, voce portante del Direttivo del Centro Studi Piemontesi/Ca dë Studi Piemontèis, fondato dal compianto Renzo Gandolfo (altra grave perdita), ai quali non possono non aggiungersi Gualtiero Rizzi, cultore severo e ricercatore accurato e saggista del teatro piemontese e Domenico Seren Gay, la cui indagine enciclopedica sul medesimo teatro continua, a distanza di anni dalla pubblicazione, ad essere un punto di riferimento per gli appassionati del genere. Ma occorre citare ancora un Gian Renzo Clivio, un Giorgio Calcagno (giornalista, scrittore), un Arturo Genre, un Riccardo Massano… Abbiamo detto prima che la lista si potrebbe allungare a dismisura; e perciò qui ci fermiamo: non senza aver ricordato (ironia della sorte!) la multiforme attività di una napoletana “doc”, che scelse di lavorare soprattutto a Torino e in Piemonte, conquistandosi un pubblico suo di oriundi e di piemontesi. È stata un nome importante del teatro del nostro territorio (lavorò anche con Il Teatro delle Dieci, con Gipo Farassino, col TST, ecc.). Si chiamava Raffaella De Vita.
Pier Giorgio Gili
Gioventura Piemontèisa
Ann XVI Nùmer 3 | Luj dël 2009