Si è spento a Natale. Lascia oltre cento opere tra storia e commedia
CAMBIANO – Sul manifesto hanno stampato: “Stimato autore teatrale piemontese”. Con questa epigrafe voleva essere ricordato Vittorio Sivera. Ha chiuso gli occhi il giorno di Natale nella sua casa in via Gaude, a 82 anni. Da alcuni mesi era debilitato dal riaffacciarsi di una vecchia malattia. I funerali si sono tenuti sabato nella chiesa parrocchiale, accompagnato dalla moglie Corradina, dai figli Angelo e Paola.
Era nato a Pinerolo il 5 marzo del 1931. Durante la Seconda Guerra mondiale si era trasferito a Cambiano con la famiglia per sfuggire ai bombardamenti su Torino, dove vivevano. Già dalla fine degli Anni Cinquanta è stato un
protagonista della vita del paese: insieme ad altri appassionati della racchetta aveva fondato il Tennis club Vittoria di via Roma, contribuendo a realizzare il campo numero uno. Una passione che gli ha permesso di vincere diverse medaglie e che lo ha portato a ricoprire pure il ruolo di giudice-arbitro. «Amava il tennis, al punto che ha dato una mano a costruire anche il “Club ‘77” di Pecetto – ricorda il figlio Angelo – Ha continuato
a giocare fino all’estate del 2012 e di questo ne andava molto fiero».
Per anni Sivera ha lavorato come dirigente in una fabbrica del gruppo Viberti e come consulente del lavoro; a metà degli Anni Novanta ha anche vissuto un’esperienza come consigliere comunale nelle file della Lega Nord.
«Negli Anni Ottanta seguiva i movimenti autonomisti in difesa della lingua e della cultura locale, che poi erano confluiti nel Carroccio. Dopo quell’esperienza ha chiuso completamente con la politica ed è tornato a tempo pieno al suo primo amore: il teatro».
Sivera infatti è ricordato da tutti per il suo grande lavoro in campo teatrale, sia come attore che come sceneggiatore e regista. La sua passione era sbocciata all’età di cinque anni, quando i genitori lo portarono ad uno spettacolo. «Rimase affascinato da quel mondo e da lì non si è più staccato, prima come attore, poi come sceneggiatore e regista. Ricordo quando da bambino, la sera, lo sentivo battere a macchina…».
Autore instancabile, ha composto oltre un centinaio di testi teatrali, dalle commedie alle opere storiche, dal dramma alla farsa, sia in italiano che in piemontese: “Le servente”, “La reusa bianca”, “L’ardità ‘d Giròlamo”, “Sor Piolet cont ëd Cavoret”, “L’aria ‘d Paris”, “Cittadine e cittadini”, “Donna Isabella”, “Effetto guerra”, “I figli della provetta”, “Madama Real”, “Magalì”, “J’alegre comare dël Vindo”… Alcune sono frutto della collaborazione con Antonio Bodrero, uno dei poeti piemontesi più conosciuti del Novecento, e hanno vinto premi a livello regionale.
«Oltre al teatro, amava la storia locale e leggeva molti libri, alcuni di nicchia e introvabili. Dall’intreccio di queste due passioni nascono opere storiche come “Magalì” o “Effetto guerra”: la prima è scritta addirittura in quattro lingue: francese, italiano, piemontese e provenzale alpino. La seconda racconta le guerre che hanno coinvolto i piemontesi dal 1600 in avanti».
Sivera è stato membro di diverse associazioni teatrali e per la salvaguardia della storia e della cultura locale. Nel corso degli anni ha fondato diverse compagnie, con cui si è esibito nel Chierese e a Torino.
La più importante è stata trent’anni fa “L’Allegra compagnia di Cambiano”, creata insieme all’amico Luciano Marocco e protagonista sul palco del parrocchiale Teatro Serenissimo. Da quel sodalizio è nata la tradizione dei teatranti cambianesi, che ha lanciato sulla scena nazionale i vari Mario Zucca, Nanni Tormen e Maurizio Bàbuin. L’amicizia con Marocco, però, era cominciata alla fine degli Anni Cinquanta e aveva portato alla formazione del gruppo gli “Allegri Compari” con Caterina Gallo. I tre si ispiravano a Dario Fo e proponevano un misto di sketch umoristici e musica, in cui Sivera suonava il violino e Marocco la chitarra.
Negli Anni Sessanta il sodalizio si era interrotto ed era ripreso nel 1974 con la “Compagnia comica di Cambiano”, che si esibiva in gialli e commedie. In quel periodo nasceva “Martin detto il Lungo”, un’opera che rileggeva in salsa comica e leggera un episodio di cronaca nera cambianese. È stato lo spettacolo che ha dato notorietà al duo Sivera-Marocco e che gli ha permesso di debuttare a Torino nel ‘76, al teatro Erba.
È stata anche l’opera con cui Sivera nel marzo scorso ha chiuso la sua lunga carriera, con una emozionante riedizione che i due hanno portato in scena al Teatro Comunale.
Daniele Marucco | Corriere di Chieri, 3 gennaio 2014
Dalla Cambiano di Madama Real alle lavandaie di Bertolla «Cerco di fare ridere senza volgarità»
È stato uno dei più prolifici e significativi autori del teatro piemontese del Novecento. Dai più è ricordato per le sue commedie brillanti, ma Vittorio Sivera è stato soprattutto un raffinato sceneggiatore di opere storiche. Al primo genere appartiengono, ad esempio, “J’alegre comare dël Vindo”, che nel 2007 ottenne il primo premio al concorso “Langa Astigiana”. «Le mie opere sono brillanti, accendono la risata – così amava descriverle Sivera – Cerco di far ridere attraverso la battuta leggera detta in modo ironico; quellavolgare, a volta stona…».
Le sue comari facevano il verso a quelle shakespeariane, ma a fine Ottocento tra le lavandaie di Bertolla, negli anni in cui Roma è da poco capitale e molti borghesi e uomini politici, appena possono, tornano a Torino.
I suoi testi più riusciti richiamano sempre la storia locale. Come in “Magalì”, scritta con il poeta Antonio Bodrero. Qui le scene si svolgono in parte in Val Varaita ai tempi della guerra di successione austriaca del 1744. Il protagonista è Rambaud, il “doss bërgé”, giovane pastore accusato di aver collaborato con i nemici francesi. È costretto ad arruolarsi nell’esercito di Carlo Emanuele I, ma grazie a questo conoscerà Magalì, una giovane donna che gli salverà la vita.
La battaglia fa da sfondo anche a “La reusa bianca”, di nuovo nella Torino del 1864. Per quest’opera nel 2011 ha vinto il primo premio al concorso “Dialoghi sul teatro contemporaneo nelle lingue del Piemonte” indetto dalla Regione. La sceneggiatura si intreccia con gli avvenimenti del settembre 1864, quando il trasferimento della capitale a Firenze e la rinuncia alla conquista di Roma spinse i torinesi a scendere in piazza e l’esercito a sparare sulla folla: fu una carneficina.
Un’opera frutto di un grande lavoro di documentazione, che ha portato Sivera a consultare le ricerche dello scrittore Rino Camilleri: «Secondo lui le vittime nelle piazze San Carlo e Castello furono 157 – ricordava lo stesso Sivera – In proporzione la strage fu molto più grande di quella che i cinesi compirono in piazza Tienanmen nell’89».
Sivera ha lasciato a Cambiano anche due opere che tramandano la storia del paese. La più complessa è “Madama Real”, commedia messa in scena nel 1986 al termine di una minuziosa ricerca nata due anni prima, quando l’archivio del municipio restituì un documento: la “Notta de danni ed sachegi fatti da spagnoli al loco di Cambiano nell’anno 1651”. L’elenco mostrava il paese preso in mezzo nella guerra tra francesi, spagnoli e Savoia (leggi: «piemontesi e savoiardi», ndr). Insieme a Bodrero, l’autore cambianese creò i protagonisti – come sempre gente di popolo – e ambientò la loro storia nella Storia. Fu una ricostruzione preziosa, da cui è nato anche un volumetto con la sceneggiatura e l’antico documento.
L’Altra opera tutta cambianese “Martin detto il Lungo”, che nel marzo scorso ha riportato in scena al Teatro Comunale, a quasi quarant’anni dalla prima apparizione sul palco. Qui ci mise lo zampino l’amico e regista Luciano Marocco, durante gli anni della Compagnia Comica di Cambiano. Era il 1974, per la precisione. «In quegli anni andavano di moda i gialli e le commedie, dunque pensai di riprendere un fatto reale e riproporlo in chiave umoristica», ricordava a marzo lo sceneggiatore, alla vigilia della riedizione. L’episodio da cui tutto ha origine è la morte violenta del contadino Martino Vergnano, avvenuta in vicolo Bertone domenica 5 febbraio 1932. Qualcuno pensa che sia stato ammazzato, forse con un colpo d’accetta. I sospettati sono molti, ma la morte di Martin viene archiviata senza un colpevole. Da qui la trama su cui è stata disegnata una Cambiano dell’epoca con i suoi personaggi e i modi di vivere di un paese di campagna.
Corriere di Chieri, 3 gennaio 2014