In questi mesi, in quel che fu il porto dell’Impero d’Austria, la città del tridente, Trieste, ha preso sempre più piede un movimento politico e popolare, pacifico e democratico, che rivendica la piena attuazione del trattato di pace del 1947 tra italia e Jugoslavia con cui veniva (viene) creato il Territorio Libero di Trieste, vale a dire un vero e proprio Stato separato, la cui “integrità e indipendenza saranno assicurate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”, mentre “la sovranità italiana sulla zona costituente il Territorio Libero di Trieste […] cesserà con l’entrata in vigore del presente Trattato” (articolo 21).
Ad oggi, però, lo Stato italiano ha proceduto con la solita politica delle tre campanelle e non ha minimamente dato attuazione al Trattato: occupa illegalmente quello che è, a tutti gli effetti, un territorio estero – come lo sono la Slovenia o l’Austria – ed è quindi fuorilegge. Sembra incredibile ma è così e da oltre mezzo secolo i triestini vivono in una condizione di completa usurpazione dei propri diritti e nella privazione del vedersi rappresentati dalle proprie istituzioni. Alla faccia del diritto dei popoli!
A fronte di questa clamorosa ingiustizia e di questo sopruso i cittadini si sono organizzati nel Movimento Trieste Libera (http://www.triestelibera.org/): migliaia e migliaia di persone sono ripetutamente scese in piazza per chiedere con forza l’attuazione del Trattato o, in mancanza di risposte chiare in tempi certi, per prepararsi alla (a questo punto inevitabile) secessione dall’italia, unica via per far valere le proprie ragioni.
Eppure, a fianco di questa sacrosanta rivendicazione di autonomia e di autogoverno, portata avanti con modi civilissimi, si è assistito alla solita brusca e sbracata reazione italiana (di cui il silenziamento mediatico è soltanto l’aspetto più evidente): divieto di manifestare liberamente – il questore ha vietato il corteo davanti alla sede del quotidiano italianista “Il Piccolo” in occasione della manifestazione dell’8 dicembre – minacce pervenute al Movimento, intimidazioni ai suoi membri, calunnie.
In effetti, in nessun altro luogo come qui si può toccare con mano quanto lo Stato italiano sia in realtà contro i cittadini e tutto votato, invece, alla difesa di una sempre più palesemente falsa ed ormai inesistente astratta idea di unità nazionale, che si sostanzia poi nel mantenimento dell’apparato pubblico e degli interessi consolidati.
Il tutto oltre e al di fuori della legge. Legge che per i nemici si applica, mentre per gli amici si interpreta: è istruttivo, al riguardo, fare un raffronto con il coccolatissimo e ben propagandato movimento protestatario dei “forconi”, che proprio in questi giorni sta causando disagi dappertutto e che non ha tuttavia subito alcun tipo di contrasto da parte delle forze di polizia, così solerti, invece, a reprimere altre forme di protesta (magari legittime e pacifiche).
Spiace per coloro che vi possono aver aderito in buona fede, pressati dalla situazione contingente sempre più gravosa e insopportabile, ma la differenza tra i tridenti e i forconi è stridente. Per la natura stessa dei due movimenti (politico quello triestino, non si capisce bene l’altro), per i loro obiettivi (molto chiari per il primo e del tutto fumosi, se non inesistenti per il secondo), per non parlare della prassi (assolutamente pacifica per Trieste Libera, niente affatto nel caso dei forconi…).
Il dato fondamentale resta poi quello che, mentre il movimento della città mitteleuropea, rifacendosi al Diritto internazionale, non fa che reclamare ben precisi diritti fondamentali, i forconi, al contrario, non hanno alcun obiettivo se non il disordine in quanto tale, la cagnara, la prepotenza del gruppo numeroso, per tacere del fatto dell’ampio uso di violenza e intimidazioni (commercianti minacciati, uso di bombe carta, picchettaggi, ecc.). Un modus operandi chiaramente tollerato (sostenuto?) dalle cosiddette “forze dell’ordine”.
Domanda retorica: perché c’è una tale clamorosa disparità di trattamento, rispetto ai tridenti e ai forconi, sia da parte dei media che dell’apparato statale – e consideriamo significativo, molto grave e preoccupante il gesto di Torino con cui la polizia si è levata i caschi, come a mandare un chiaro messaggio: “siamo con voi”?
Quello che si propone di “fermare l’italia”, senza peraltro fare alcun tipo di proposta, fosse pure di natura corporativa, appare come un movimento nient’affatto spontaneo, fascistoide e italianista, intriso del più funereo nazionalismo tricoloruto (come non ribellarsi di fronte alla folla che in piazza Castello saluta “romanamente”, con tanto di fez…) che prima vieta e poi rimuove le bandiere piemontesi (è successo a Nichelino), con tanto di bombe contro il Comune, cassonetti infiammati, negozi minacciati di essere bruciati (è successo alla libreria Ubik di Savona). Com’è possibile tollerare che nel 2013 nel “codice etico” di questa maramalderia si possa affermare senza vergogna, come nel Ventennio, che è vietato “il turpiloquio e il parlare in dialetto”? A chi fa comodo tutto ciò?
È chiaro come questa situazione non faccia che offrire la possibilità di una fin troppo facile e prevedibile repressione governativa e poliziesca verso i nemici politici (movimenti identitari e indipendentisti?), che in un prossimo futuro verranno facilmente ricompresi in qualche fattispecie talmente generica e astratta (del tipo degli “antiitaliani” di mussoliniana memoria) da non voler dir nulla: ergo si potrà perseguitare chiunque, procedendo magari alla soluzione finale” di chi proprio non ci sta a farsi normalizzare e instivalare.
Temiamo che tali manifestazioni di piazza, abilmente orchestrate con il chiaro avallo delle autorità, non siano che la prova generale del mai sopito nazionalismo italico di procedere all’organizzazione dell’ormai inevitabile protesta sociale e del suo tentativo di incanalarla nella direzione voluta (la continuazione a tutti i costi del mito dell’unità e dell’intangibilità della “patria”), anche con lo scopo di mettere le mani avanti per impedire fin d’ora la nascita o la crescita di altri movimenti come Trieste Libera.
11.12.2013