Veramente, l’Italia è sempre la stessa. Passano gli anni, cambiano le mode e i governi, ma la mentalità costitutiva, la ratio di fondo dell’idea d’Italia, è sempre la medesima.
Significativa al riguardo la storia di Ettore Tolomei e delle idee maligne da lui incarnate e propagandate che, purtroppo, sono giunte fino a noi. Una storia veramente istruttiva, che merita di essere ricordata.
Ettore Tolomei, «Il Redentore dell’Alto Adige», nacque a Rovereto, allora in Austria, nel 1865 da famiglia di origine toscana. Fin da giovane abbracciò l’irredentismo italiano, per cui a diciotto anni proseguì gli studi non in Austria, bensì a Firenze e poi a Roma, dove si laureò in lettere nel 1887. Dopo la laurea trovò lavoro come insegnante al ginnasio italiano di Tunisi, la “colonia mancata”. Nel 1890 tornò a Roma, dove fondò la rivista irredentista “La Nazione Italiana”. Fu addetto alla direzione generale delle scuole italiane all’estero dal 1901 al 1921.
Nel 1906 si stabilì a Montan/Montagna, in SudTirolo. Qui fondò la rivista di studi Archivio per l’Alto Adige, che continua tuttora ad uscire a Firenze presso l’Istituto di Studi per l’Alto Adige del Dipartimento di Linguistica dell’Università di Firenze di via Cesare Battisti 4 (sic!). Dopo il 1969 la rivista pubblica solo saggi toponomastici, il nome di Tolomei come fondatore viene soppresso e dal 1979 il titolo viene sostituito con quello di Rivista di studi alpini. Dalle sue pagine Tolomei voleva dimostrare “l’italianità” del SudTirolo e dunque la necessità di porre il confine al Brennero.
Nel 1906 cominciò la stesura del Prontuario dei nomi locali dell’Alto Adige, pubblicato poi dalla Reale Società Geografica Italiana nel 1916. Il fascismo si preoccuperà di realizzare il programma tolomeiano, che fin lì non era stato certamente preso molto sul serio dalla comunità scientifica internazionale.
Nel 1914 Tolomei si batté per l’intervento. Allo scoppio della guerra si arruolò negli Alpini. Nel 1918, in seguito alla sconfitta dell’Austria, si insediò a Bolzano, dove gli fu affidato il Commissariato alla Lingua e alla Cultura per l’Alto Adige, scontrandosi con il sindaco, già borgomastro austriaco, Julius Perathoner. Nel 1919 fu inviato a Parigi come membro della delegazione italiana: anche grazie a lui il Brennero fu fissato come confine tra Austria ed Italia.
Il 15 luglio 1923, nel teatro civico di Bolzano, Tolomei rese pubblico il suo programma di assimilazione e italianizzazione del SudTirolo con la «rieducazione» politica-culturale degli abitanti di lingua tedesca. Questo era un manifesto in 32 punti, riassumibili nella proibizione dell’uso ufficiale del tedesco, nell’imporre l’italiano come unica lingua ufficiale, nella chiusura delle scuole tedesche, nello scioglimento dei partiti tedeschi, nel trasferimento degli impiegati allogeni, nell’italianizzazione totale della toponomastica alloglotta, comprensiva di cognomi, strade e vie, nella soppressione dei giornali tedeschi.
Si doveva, in primis, proibire l’impiego del nome Tirolo e utilizzare soltanto la dicitura “Alto Adige” (inventata da Napoleone), la toponomastica tedesca doveva essere abolita e sostituita con il “Prontuario dei nomi locali dell’Alto Adige”, di cui lo stesso Tolomei era autore. Fu addirittura proposto di italianizzare tutti i cognomi tedeschi.
Anche la stampa doveva essere italianizzata, censurandosi tutti i giornali di lingua tedesca. Per sottrarre il controllo dell’economia ai germanofoni, tutte le banche di lingua tedesca dovevano essere soppresse.
L’amministrazione pubblica doveva essere in mani italiane: a questo scopo Tolomei suggeriva il licenziamento dei dipendenti tedeschi e la loro sostituzione.
Era indispensabile insediare podestà fascisti e segretari comunali italofoni. Per garantire un maggiore accentramento, Trento e Bolzano si sarebbero costituite in provincia unica (idea che verrà ripresa e realizzata dalla Repubblica Italiana, fino al 1968).
Ovviamente l’italiano doveva imporsi come unica lingua. L’italianizzazione della scuola costituì quindi uno dei punti nodali e nel 1923-1924 quella italiana divenne l’unica lingua d’insegnamento; ciò causò la nascita delle Katakombenschulen (istituzione illegale e clandestina per l’insegnamento in lingua tedesca, alla quale parteciparono circa 30.000 studenti).
Il programma di italianizzazione dell’Alto Adige venne inizialmente adottato dal Gran Consiglio del fascismo con voto unanime ed entusiasta.
Al fine di “perfezionare” l’assimilazione si favorì l’immigrazione dalla penisola, per italianizzare definitivamente il SudTirolo (stessa politica che verrà perseguita a Torino nel dopoguerra). Bolzano contava allora 40.000 abitanti, per circa il 90% tedeschi: Tolomei si prefisse di ingrandire la città con l’obiettivo di raggiungere i 100.000 abitanti, favorendo in ogni modo l’immigrazione italiana.
A tal fine, nell’estate 1935 inizia la costruzione di un’ampia zona industriale. Quando le prime fabbriche cominciano a funzionare, arriva anche la prima ondata di immigrati: nel 1936 sono circa 4.000, nel 1937 quasi 8.000.
A Tolomei si deve l’invenzione di 8.000 toponimi “italiani” corrispondenti ai nomi dei luoghi in Provincia di Bozen/Bolzano, che il regime fascista iniziò a introdurre all’inizio degli anni Venti. Ancora oggi le invenzioni di Tolomei sono legalmente riconosciute, mentre i toponimi originali tedeschi e ladini del Sudtirolo sono solamente “tollerati”.
Nel 1923 fu nominato senatore per i suoi “meriti culturali e patriottici”. Nel 1937 fu nominato da Vittorio Emanuele III “Conte della Vetta”, in quanto nel 1904 scalò il Glockenkarkopf, di cui affermò di essere il primo a scalare la cima, dandole il nome di “Vetta d’Italia”, ancora oggi usato dalla cartografia italiana (in realtà era già stata conquistata nel 1895 dagli alpinisti austriaci Franz Hofer e Fritz Kögel).
Alla fine degli anni trenta Tolomei ha un grande ruolo nell’accordo Mussolini-Hitler per la definizioni delle “opzioni”, ovvero la migrazione nel Grande Reich Germanico dei sudtirolesi tedeschi e ladini che “sceglievano” la cittadinanza tedesca. Tale soluzione ebbe un precursore nell’irredentista Adriano Colocci-Vespucci, che già prima della Grande Guerra disse a Tolomei: «La soluzione migliore per risolvere il problema della minoranza in Alto Adige è quella di ricacciare in massa i tedeschi oltre il Brennero». Tolomei è entusiasta della situazione che si è venuta a creare: grazie a Mussolini e Hitler la «questione altoatesina sta giungendo a soluzione». Egli scrive nel suo Archivio: «Il trattato fra Roma e Berlino sul trasferimento dei sudtirolesi nel Reich Germanico è qualcosa di meraviglioso, la cosa più grande che sia stata intrapresa dalla Guerra in qua per l’assimilazione dell’Alto Adige».
Muore a Roma nel 1952.
Capito? Non solo la deportazione in massa dei Sudtirolesi «è qualcosa di meraviglioso», ma si parla apertis verbis di «assimilazione dell’Alto Adige».
Altro che la favola bella degli «Italiani brava gente». Roba che avrebbe meritato l’ammirazione di Stalin!
Politica, quella dell’assimilazione, che lo Stato italiano ha, per altro, portato avanti ovunque ha potuto: si pensi soltanto all’Etiopia, alla Libia e ai Balcani. Oppure, in forma più subdola, in Piemonte.
Pensare che un personaggio come questo, propugnatore della pulizia etnica, abbia determinato la toponomastica ancor oggi ufficiale in SudTirolo e che la rivista da lui fondata sia ancora pubblicata oggi la dice lunga sulla «civiltà italiana» e sulle reali intenzioni (mai cambiate, sempre quelle) dello Stato italiano e della sua Università (per altro, per fortuna, agli ultimi posti nel mondo) e spiega assai bene perché la lingua piemontese sia sempre stata ostracizzata e continui a venir combattuta. Soprattutto, è impressionante notare i parallelismi con il Piemonte e con la situazione di oggi..
►Ettore Tolomei – I parte
►Ettore Tolomei – II parte
Produktionsjahr: 2005 – Ettore Tolomei (tirolerland.tv / (C) Arbeitskreis Visuelle Dokumentation, 39010 GARGAZON Meran (Südtirol)