Prendendo spunto da un’iniziativa della Regione Piemonte Il Giornale di Milano (6.8.2009) si lascia andare a insulti violenti e pesanti nei confronti di tutto il popolo piemontese. Con ciò il giornalismo italiano tocca il fondo del cattivo gusto, tornando ad incitare all’odio etnico.
C’è ancora qualcuno in Piemonte che si sente rappresentato da questa società mediatica violenta, prepotente e ignorante?
Che le ferrovie italiane siano allo sfascio non è più una notizia. L’elenco delle disavventure accadute ai passeggeri copre una gamma di situazioni fra le più inverosimili, dai cronici ritardi alle aggressioni e agli atti di vandalismo. C’è chi si è preso le zecche e i pidocchi, chi ha dovuto viaggiare in agosto coi finestrini bloccati, il condizionatore guasto e senz’acqua. Qualche sventurato è stato risucchiato fuori perché le porte – a volte chiuse con lo spago – si sono aperte in corsa, oppure è finito sotto le ruote perché il treno è ripartito mentre lui era pizzicato fra le porte. Una vera maledizione.
In Piemonte, oltre a tutto questo, abbiamo anche dovuto subire la soppressione dei treni locali – oggi valorizzati in tutta Europa: con il taglio dei “rami secchi”, gran parte dei nostri paesi ha perso la ferrovia, così abbiamo intasato le strade e le stazioncine, intorno alle quali nell’Ottocento erano sorte intere frazioni (quante località chiamate Stassion…), sono diroccate.
Come tutto ciò che è Italia anche le ferrovie non sono più riformabili, è una questione di mentalità. Tanto vale non farsi illusioni, pagare il feramiù che se le porti via e mettere su le Stra ‘d Fer Piemontèise, e qui tocca alla Regione assumersi le competenze che le spettano. In luglio la Regione ha annunciato una gara fra privati per la gestione delle tratte piemontesi. Cosicché le Ferrovie italiane, proprietarie di un sesto dei terreni del Lingotto dove dovrebbe sorgere anche il grattacielo unico della Regione, hanno cominciato a boicottare le riunioni decisive per il via ai lavori, prendendosi dalla Bresso l’epiteto di “ricattatori inaffidabili”.
Per tamponare l’emergenza dei trasporti la Regione ha investito 110 mila euro per migliorare almeno i collegamenti estivi con la Liguria. Questa spesa ha previsto anche un treno speciale Torino-La Spezia ogni domenica, con prenotazioni limitate a Novi. I giornalisti sono venuti a saperlo e, superficiali e provocatori come sempre, apriticielo su regionalismo, razzismo, leghismo, esame di “dialetto” alla biglietteria e altre stupidaggini.
L’identità piemontese non c’entra nulla con un treno speciale per le vacanze, e non ne avremmo parlato su questo giornale se il 6 agosto il signor Cristiano Gatti non se ne fosse uscito su Il Giornale di Milano con un articolo delirante in cui, per criticare l’iniziativa della Bresso, non ha trovato argomento migliore che coprire di insulti tutti i Piemontesi.
«È noto che i piemontesi intendono l’Italia come un grande Piemonte allargato, fino a Trieste e fino a Lampedusa. È un vecchio sogno sabaudo, ora trasformato in languida malinconia. Ma qualcosa resta sempre. Torino è il centro del mondo, attorno è tutta periferia. La Liguria, non ne parliamo. Concettualmente, idealmente, è territorio loro. Purtroppo, adesso non tutto gira come una volta: questa propaggine costiera del Regno mantiene il vantaggio di avere un buon clima salmastro e un bel mare azzurro, ma ha il difetto di avere i liguri. La fastidiosa invadenza degli autoctoni raggiunge l’apice insopportabile sui treni per le vacanze: quando i piemontesi scendono sulle loro spiagge, si ritrovano le carrozze stipate di pendolari locali, con tutti i loro problemi di spostamento breve e di piccole necessità quotidiane. La promiscuità ha sempre causato lamentele e proteste in seno all’etnia piemontese, convinta che quando una popolazione va al mare non debba ritrovarsi addosso una moltitudine sudata e compressa di indigeni con altro per la testa. Ora, finalmente, il governo piemontese ha messo mano alla questione e ha sanato il grosso disagio dei suoi amati sudditi: contattata Trenitalia, ha comprato un intero convoglio domenicale, il Torino-La Spezia delle 7,15. Tutti i posti sono riservati: ovviamente possono riservarseli soltanto i piemontesi di residenza e di madrelingua. Per evitare che i liguri facciano i portoghesi, infilandosi subdolamente in carrozza, la prenotazione è possibile solo fino a Novi Ligure, che come noto di ligure ha soltanto il nome, essendo pure essa piemontese. Da quest’ultimo avamposto in avanti, non si può più salire: solo fermate per scendere. E i liguri? Dannazione, che possono volere i liguri: abbiamo voluto il federalismo, una Regione sarà ben libera di farsi un treno in proprio. Si stringano un po’ sui loro treni locali, i liguri (…)».
Di articoli cretini i giornali italiani sono pieni, ed è anche per questa ragione che non godono di alcun credito all’estero. Perché citare un imbecille che non ha fatto che riscrivere un comunicato credendo di essere spiritoso, mentre non è neanche divertente? Eppure questo articolo ci dà lo spunto per alcune riflessioni.
Lui avrebbe potuto criticare l’iniziativa della Giunta regionale, e questo sarebbe stato legittimo: invece ha colto l’occasione per riversare sui Piemontesi (e solo sui madrelingua, come se fossero soltanto loro a viaggiare sul Torino-La Spezia) un’opinione personale espressa attraverso una serie di epiteti insultanti. Opinione personale che, tuttavia, il suo direttore ha consentito di pubblicare.
Questa uscita rivela tutto il livore che si cova in certi ambienti contro i Piemontesi, tutta la supponenza, l’arroganza e l’invidia di certi baüscia della politica, che sputano sul “governo piemontese” perché questo per diversi secoli è esistito davvero. Sono villani e mentitori, che incitano all’odio attraverso la menzogna, travisando perfino i luoghi comuni. Non è mai esistito il “noto” malinconico “sogno sabaudo” di un’Italia “come un grande Piemonte allargato”, semmai è propro il contrario. Da noi si dice dì che ij Piemontèis a son italian coma j’òche a son ‘d fasan.
Tutti in Italia hanno la corretta percezione di cos’è il petit pays au pied des Alpes. La forte particolarità del Piemonte, gallico, mitteleuropeo e non levantino, è accettata, e fra la gente fuori Piemonte non abbiamo mai incontrato ostilità; ma se un’ostilità ci fosse, come quella che inspiegabilmente inventa Il Giornale di Milano, non farebbe che riaffermare come il Piemonte sia un’altra cosa, un Paese culturalmente assai diverso dall’Italia. Altrimenti perché scaldarsi tanto?
A noi risulta piuttosto che siano certi Milanesi convinti che “il centro del mondo” sia la loro città. I Piemontesi passano piuttosto per essere chiusi e ritrosi. Di noi si ricorda la cortesia e la riservatezza, non l’arroganza e l’invadenza.
La nostra specificità non è antipatica, come invece vorrebbero far credere certuni. Anche in Italia c’è chi stima e rispetta la nostra storia e la nostra lingua. L’articolista non conosce la nostra realtà e perciò ha costruito la sua invettiva soltanto sulle sue frustrazioni; forse ai tempi è stato piantato da una ragazza piemontese madrelingua, chissà… non troviamo altre spiegazioni possibili ad un simile incitamento all’odio etnico.
Pare che la gente stia diventando intollerante, e leggendo certo ciarpame si capisce anche perché. Sono questi giornali che creano intolleranza, inventando contrapposizioni che non ci sono, soffiando sul fuoco di pole-miche che inventano loro. Perché fare credere che i Piemontesi siano un popolo odioso? Perché Il Giornale di Milano ogni tanto si inventa nuove ostilità verso nuovi “diversi” (cfr. anche Gioventura Piemontèisa n. 5/1999)?
Non sono le diversità che causano le conflittualità, ma la mancata accettazione delle diversità. I Piemontesi non chiedono che di essere rispettati per quello che sono.
Nello specifico: un treno speciale per portare gente sulle “carissime” spiagge della Liguria, piaccia o no al Gatti, giova ai vacanzieri piemontesi (anche ai non madrelingua), agli operatori turistici liguri ed anche alla Bresso. Se l’articolista non l’ha capito può tornare a dare le pagelle ai calciatori. Lui non è piemontese e probabilmente ringrazia di non avere avuto questa sventura; e noi, dopo averlo letto, ci sentiamo ancor più lontani dal suo mondo.
M.B.
Gioventura Piemontèisa | Otóber 2009