Il territorio corrispondente al Piemonte odierno era abitato da popolazioni di origine celtoligure, che sono state poco alla volta romanizzate, a partire dal II secolo a.C. Numerose città piemontesi custodiscono importanti reliquie risalenti alla dominazione romana. Il Piemonte ha subito le distruzioni da parte di molte tribù germaniche (Visigoti, Burgundi, Ostrogoti, Longobardi ecc.), e durante l’alto Medio Evo si è caratterizzato come una specie di cerniera o di collegamento tra il regno dei Longobardi e quello dei Franchi.
L’importanza dei valichi alpini è stato un fattore determinante nella formazione dell’identità piemontese. Lungo le vallate e le strade che conducono in Francia e in Italia si costituiscono possenti feudi e comuni; questa è l’epoca in cui fa la sua apparizione il nome Piemonte nei documenti storici.
Nel 1418 viene fondato il Principato di Piemonte. Nella prima metà del secolo XVI il Paese diventa un campo di battaglia, e le pestilenze e i saccheggi degli eserciti stranieri provocano la paralisi quasi totale della vita culturale; tuttavia, con il ritorno del Duca di Savoia e con il trasferimento della capitale dello Stato sabaudo da Chambéry a Torino comincia un’età nuova, nella quale la coscienza nazionale piemontese diventa sempre più profonda e forte.
Tutto il secolo XVII assiste alla crescita dell’importanza e della potenza del Piemonte, che acquista sempre più le caratteristiche di una piccola nazione guerriera che combatte per la propria sopravvivenza, minacciata soprattutto dalla Francia. Il Settecento è conosciuto come il secolo d’oro della civiltà piemontese: le due gloriose vittorie di Torino (1706) e dell’Assietta (1747) alleggeriscono la situazione militare e permettono una magnifica fioritura nel campo della letteratura e dell’arte, oltre, naturalmente ad un miglioramento della situazione economica. Torino, da capitale ducale, diventa capitale di un regno.
Verso la fine di questo periodo, interrotto dalla “rivoluzione francese” prende forma il dibattito sulla lingua e il piemontese arriva ad un passo dall’ ufficializzazione. Ma nel 1796 Napoleone sconfigge l’esercito piemontese, e nel 1802 il Piemonte è annesso alla Francia. L’annessione è mal sopportata dai Piemontesi, che la vivono come un sopruso: nascono numerosi movimenti di rivolta contro gli occupanti. Dopo la disfatta di Napoleone ed il ritorno del re, l’élite intellettuale piemontese abbraccia la causa dell’unità italiana, che sopraggiunge nel 1861 dopo una serie di guerre.
Con la formazione del regno d’Italia il Piemonte perde d’importanza, la lingua si corrompe, la letteratura diviene provinciale; i Piemontesi si trovano improvvisamente a passare dalla condizione di cittadini di uno stato rispettato e forte a quella di abitanti di una regione periferica di un regno appena nato e pieno di problemi.
Nel 1864 Torino perde il suo ruolo di capitale, e comincia l’opera sistematica di distruzione della cultura e della civiltà piemontese, cosa questa che continua tutt’oggi.
Nel secolo XX il Piemonte si trasforma in una regione industriale; dopo il secondo conflitto mondiale la massiccia immigrazione italiana (soprattutto dal Sud) sconvolge il nostro Paese, alterandone la fisionomia sociale e dando un contributo non esiguo alla diminuzione del numero dei parlanti la lingua piemontese, che oggi fa fatica a sopravvivere, almeno nelle grandi città, nonostante che lo scopo dello Stato italiano, cioè sradicarla del tutto, sia lontano dall’esser stato raggiunto.
Il Piemonte odierno è un Paese ferito e i segni di una rinascita culturale e linguistica che lasciano sperare in un futuro meno fosco sono parecchi, ma non bisogna dimenticare che la regione non può fare affidamento su alcuna forma di autonomia o di autogoverno, e che l’oppressione economica e culturale dello Stato centralista italiano è sempre fortissima.