Il fenomeno sarebbe da attribuire, sostengono i ricercatori, all’esposizione a una maggiore varietà di suoni nell’ambiente familiare
Le Scienze, 30 agosto 2011
I bambini hanno una capacità speciale nell’apprendere una seconda lingua, ma questa comincia a venire meno già con il primo anno di età.
In un nuovo studio, il primo a misurare l’attività cerebrale durante l’infanzia e a correlarlo all’esposizione a diverse lingue e alle capacità verbali, i ricercatori dell’Institute for Learning & Brain Sciences dell’ Università di Washington riferiscono che i cervelli cresciuti in un ambiente familiare bilingue mostrano un più lungo periodo di flessibilità a differenti lingue, specialmente se continuamente esposti a esse.
“Il cervello bilingue è affascinante perché riflette le capacità umane di pensiero flessibile: i bambini bilingui apprendono che gli oggetti e gli eventi del mondo hanno due nomi, e passano in modo flessibile tra queste due ‘etichette’, sottoponendo il cervello a un buon esercizio”, ha commentato Patricia Kuhl, coautrice dello studio apparso sul Journal of Phonetics.
I precedenti studi della Kuhl hanno mostrato che tra gli 8 e i 10 mesi i bambini monolingui diventano sempre più capaci di distinguere i suoni della lingua madre, mentre diminuisce quella di distinguere i suoni di una lingua straniera.
Per esempio, in quell’arco di tempo, i bambini esposti all’inglese acquisiscono sempre maggiore capacità di distinguere tra il suono della “r” e quello della “l”, prevalenti in tale lingua. Per contro i bambini giapponesi tendono a perdere tale capacità perché i due suoni sono poco ricorrenti nel giapponese.
“In qualche modo il cervello del bambino si ‘sintonizza’ sul suono della lingua nativa durante il periodo sensibile dello sviluppo, e stiamo cercando di capire esattamente come ciò si verifica”, ha aggiunto la Kuhl.
In quest’ultimo studio alcuni bambini monolingui e bilingui sono stati sottoposti a elettroencefalogramma mentre ascoltavano suoni di sfondo in una lingua (inglese o spagnolo) e occasionalmente un suono di contrasto. Se quest’ultimo veniva rilevato dal cervello, l’EEG mostrava un segnale caratteristico.
L’analisi dei tracciati mostrava chiaramente una maggiore flessibilità del cervello dei bambini bilingui, anche nella fascia di età di 10-12 mesi. Ciò sarebbe da attribuire, sostengono i ricercatori, al fatto che essi rimangono esposti a una maggiore varietà di suoni nell’ambiente familiare.