Patrimonio linguistico, risorsa del territorio

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manlingue.jpgVi sono talune risorse del territorio che subiscono processi di secolarizzazione analoghi ad altri aspetti centrali della dimensione umana. Siamo storicamente fuori tempo massimo per pretendere di fare affermazioni conclusive sulle motivazioni sociologiche che hanno determinato lo “stato dell’arte”. Gli operatori di cultura che agiscono in ambito linguistico devono, con umiltà, fare un’analisi del proprio ambito di competenza ed affrontare un lavoro certosino di consolidamento che, se non ha velleità di interpretare la deriva linguistica della nostra società, ha comunque il dovere di non cadere nella retorica dell’oblio. La secolarizzazione della società impone anzitutto una struttura organizzata che mantenga vivo il rito linguistico. Le associazioni culturali che operano nel territorio hanno con tutti i limiti, le parzialità e le divergenze, mantenuto in vita la ritualità linguistica, sforzandosi di promuovere come primaria vocazione il linguaggio delle lingue madri.
Negli ultimi anni, come si è detto, altri ambiti altrettanto importanti della dimensione umana sono stati attaccati dalla corrosione degli agenti chimici del tempo. L’aspetto religioso, per esempio, subisce sistematicamente una deformazione liturgica; a questo procedimento d’ impoverimento si sta rispondendo con fermezza nel consolidamento di una posizione che, pur non deflettendo dai principi, tende a mantenersi entro il perimetro della storia.
Per analogia una lingua e soprattutto una lingua cosiddetta”minoritaria deve, in concorso con le altre realtà linguistiche, mantenere un piede dentro la storia. L’opzione linguistica viene determinata dall’epicentro della società che è la famiglia, mentre il suo completamento e supporto è naturalmente la scuola, dove l’organizzazione associativa può determinare un’influenza indispensabile.
In Francia assistiamo da parte di talune associazioni culturali e linguistiche minoritarie ad un fenomeno singolare, ma che assolutamente non può passare inosservato. Da tempo si grida all’imperialismo linguistico americano e si agisce sulla salvaguardia binaria della lingua per esempio: «francese-provenzale». Come si legge questa tendenza? Proviamo a fare un’ipotesi: « Assunto che il pericolo deriva dall’inglese, si risponde non solo con la salvaguardia della lingua regionale (e fin qui tutto bene), ma si vincola questo salvataggio alla difesa linguistica del francese».
Questo è il caso dove l’ispirazione associativa influenza negativamente i passaggi precedenti: poiché se la famiglia e la scuola agiscono in sintonia a salvaguardia del patrimonio, questo viene per osmosi assorbito dal soggetto linguistico maggioritario.
Di più: mentre si grida al lupo americano, esistono altre lingue già maggioritarie nel pianeta che hanno una formidabile e globalizzante cinghia di trasmissione economica e, senza andare ovviamente al cinese, è prevedibile dalla lingua spagnola un consolidamento maggioritario proprio negli Stati Uniti d’America.
Non si è mai visto una minoranza linguistica agire a favore della maggioranza giocando d’azzardo con il suo destino.
L’esempio della Francia non può essere generalizzato, ma è il paradigma di un complesso d’inferiorità che non vorremmo importare ed è il risultato di una valutazione errata.
Il patrimonio linguistico è il patrimonio del territorio e non è materia negoziabile.
Possiamo decidere di pianificare tutto scegliendo la lingua di relazione o la lingua come veicolo europeo o mondiale, ma ci assumeremo la responsabilità di esserci impoveriti. Se vogliamo modellare il nostro linguaggio, il nostro pensiero, la nostra spiritualità all’orientamento delle società moderne siamo liberi di farlo, ma a quale prezzo?
Il nostro patrimonio linguistico ha già pagato un prezzo salato, poiché la sua museificazione ha copiosamente appagato gli esegeti della “retorica del lamento”.
La lingua piemontese ovviamente paga la contingenza dei fattori sopraesposti ogni giorno ad un caro prezzo, poiché non la s’interpreta come fattore di ricchezza complementare ad un Piemonte che dovrebbe uscire dal cono d’ombra. Anche il mancato riconoscimento della sua lingua è stato il travisamento del pensiero di tutto il territorio e su questo tutti sono chiamati a porre rimedio.

Roberto Saletta

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